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Il Pd che vieta la gnoccaora ci impone il cetriolo

Un disegno di legge di tre parlamentari democratiche intende obbligare bar e mense ad aggiungere cibi vegani al menù

luciano capone
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"L'obbligo di comprarsi una polizza sanitaria sarebbe come se lo Stato obbligasse a comprare broccoli perché fanno bene", con questo paradosso il giudice della Corte Suprema Antonin Scalia si espresse contro la riforma sanitaria di Obama. Scalia non avrebbe mai immaginato che dall'altra parte dell'oceano ci fosse qualche legislatore pronto a prenderlo in parola. Si tratta della senatrice del Pd Monica Cirinnà che, insieme alle due colleghe di partito Silvana Amati e Manuela Granaiola, ha presentato un disegno di legge sulle «Norme per la tutela delle scelte alimentari vegetariana e vegana» che obbliga tutte le mense, bar e ristoranti a servire piatti vegani e vegetariani. «In tutte le mense pubbliche, convenzionate e private, o che svolgono in qualsiasi modo servizio pubblico… devono essere sempre offerti e pubblicizzati almeno un menù vegetariano e uno vegano in alternativa alle pietanze contenenti prodotti o ingredienti animali».  Se i cuochi pensano di poterla fare franca servendo un'insalata qualsiasi, due patate al forno o una frittata, si sbagliano di grosso perché i menù offerti devono «assicurare un apporto bilanciato così come indicato dalla scienza ufficiale in materia di nutrizione e considerando i progressi scientifici». Ma non basta perché c'è anche l'obbligo di non usare tutta una serie di ingredienti e sostanze di origine animale e «le uova presenti nelle preparazioni vegetariane devono provenire da galline allevate con metodo biologico o allevate all'aperto». E in caso di violazione delle disposizioni le sanzioni sono pesantissime, vanno dai 3.000 a 18.000 euro fino alla sospensione dell'esercizio e alla revoca della licenza. In pratica l'ideologia animalista e salutista carica le attività di ulteriori norme e costi, come se non bastasse la selva di leggi e regolamenti che nel nostro paese imbriglia ogni iniziativa economica. La legge non si limita ai luoghi di ristorazione, ma si estende anche alle scuole, prevedendo l'insegnamento di cucina vegana e vegetariana negli istituti alberghieri. Inoltre gli studenti di questi istituti che «nell'esercizio del diritto alle libertà di pensiero, coscienza e religione riconosciute dalla Dichiarazione universale dei diritti umani» sono animalisti, vegani o vegetariani «possono dichiarare la propria obiezione di coscienza a seguire le lezioni didattiche pratiche riguardanti alimenti di origine animale». Il testo del disegno di legge dice che i nuovi obblighi servono a promuovere stili alimentari più salutari, in quanto «è dimostrato che una dieta vegetariana ed in particolare vegana protegge dalle malattie cardiovascolari, tumori, diabete e obesità».  La senatrice Cirinnà sa come si vive ed educa secondo «la scienza ufficiale e i progressi scientifici» alla corretta alimentazione gli italiani che non sanno badare alla propria salute. Insomma la considerazione per la libertà e la responsabilità individuale è davvero bassa e, sarà un caso, sul sito della Cirinnà il disegno di legge è tra i «provvedimenti per gli animali». Perché è così che l'ideologia salutista vede le persone, come perfetti idioti, incapaci di badare a se stesse. E non c'è limite alle iniziative di chi agisce in nome del bene altrui: sotto attacco sono le sigarette, i cibi grassi, gli zuccheri, le bibite gassate, gli alcolici.  Oltre allo stato mamma, lo stato poliziotto, lo stato imprenditore, lo stato spione, c'è anche lo stato medico il cui compito è decidere minuziosamente come bisogna vivere, prescrive stili alimentari e di vita, insomma tratta gli individui da malati quando sono ancora sani. Un provvedimento del genere è assurdo quanto lo sarebbe prevedere l'obbligo di salsicce in un ristorante vegano, di pizza in un ristorante giapponese o di sushi da un kebabbaro. Nessuno ha il diritto di sindacare le abitudini alimentari della senatrice Cirinnà (che tra l'altro è la moglie di Esterino Montino, l'ex capogruppo laziale del Pd che diceva di aver regalato con i rimborsi regionali 4.500 euro di vini ai bambini poveri, non proprio un'opera salutista), ma obbligare le persone a cucinare e servire pietanze imposte dallo Stato è semplicemente assurdo.  La furia statalista del Pd non si ferma alla proibizione dell'uso di immagini femminili nella pubblicità, ma si estende ai menù dei ristoranti.  Non è un caso se due delle firmatarie,  Silvana Amati e Manuela Granaiola, siano le stesse del disegno di legge sulle «Misure in materia di contrasto alla discriminazione della donna nelle pubblicità e nei media». Non solo stabiliscono cosa si può fare o meno del proprio corpo, ma anche cosa cucinare e mangiare. Oltre al divieto della gnocca anche l'obbligo del cetriolo.

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