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Lavoro, così la Fornero ha reso disoccupati migliaia di italiani

Dal 2008 i contratti a chiamata hanno conosciuto uno straordinario successo: tutto cancellato con le nuove leggi

Giulio Bucchi
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  di Sandro Iacometti L'obiettivo, messo nero su bianco nel testo della legge 92, era quello di «di contribuire alla creazione di occupazione, alla crescita sociale ed economica e alla riduzione permanente del tasso di disoccupazione». Ad oltre cinque mesi dall'entrata in vigore, però, l'unico risultato visibile della riforma firmata da Elsa Fornero è l'affossamento del lavoro flessibile. Non compensato, come qualcuno ci aveva garantito, da forme contrattuali più stabili. Diverse associazioni imprenditoriali, in particolare del Nord, avevano già lanciato l'allarme alcune settimane fa, basandosi su segnalazioni provenienti dal territorio. Segnalazioni che iniziano, purtroppo, ad essere confermate dai dati ufficiali. Tra le vittime principali della stretta voluta dalla Fornero sulle forme contrattuali più flessibili c'è sicuramente il lavoro a chiamata (altrimenti detto lavoro intermittente o job on call). Si tratta di una delle modalità di impiego introdotte dalla legge Biagi a cui, soprattutto nelle Regioni a vocazione turistica, negli ultimi anni è stata legata la sopravvivenza della piccola e media impresa in settori come la ristorazione, l'alberghiero, i servizi alla persona e l'autotrasporto.    Leggi l'articolo integrale di Sandro Iacometti su Libero in edicola oggi, domenica 9 dicembre  

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