Caro collega, basta chiacchiere: in carcere ci puoi finire anche tu
I giornalisti fingono di non capire: il trattamento oggi riservato a Sallusti potrebbe toccare domani a qualsiasi cronista o direttore
di Filippo Facci È una questione di principio grande come una casa: eppure la maggioranza dei «colleghi» non lo capisce o finge di non capirlo o più probabilmente non ha un'indipendenza morale sufficiente a capirlo. Capire che Sallusti non è Sallusti: è un giornalista. Non è il direttore del Giornale: lo è di un giornale. Ciò che è diverso, nel caso Sallusti, non è una sua particolare responsabilità rispetto ad altri casi analoghi o similari, ma è il trattamento ad personam che hanno voluto riservargli e che in potenza potrebbero riservare a qualsiasi giornalista o direttore che incorra nella riscoperta «diffamazione», grave e ricorrente incidente professionale in cui inciampano anche migliaia di giornalisti politically correct. Le condanne per diffamazione le hanno avute anche i Montanelli, i Biagi, i Bocca e soprattutto tanti direttori pienamente in attività che ne hanno centinaia (centinaia) anche se nessun giudice si è mai permesso di bollarli come «delinquenti abituali» socialmente pericolosi, bensì, al limite, solo come giornalisti che hanno scelto di esporsi e di pagarne un prezzo economico e legale. Ma questo prezzo non è mai stato la galera, nè qui né in nessun paese civile. (...) Secondo Filippo Facci è finito il tempo delle chiacchiere. Il problema? E' che i colleghi giornalisti fingono di non capire: il trattamento oggi riservato ad Alessandro Sallusti, il direttore de Il Giornale finito agli arresti domiciliari, potrebbe toccare domani a qualsiasi cronista o direttore. Leggi il commento di Filippo Facci su Libero di martedì 4 dicembre