La devastazione degli "studenti"la pagheremo 1,5 miliardi
Il bilancio dei tafferugli nel giorno della mobilitazione internazionale: danni materiali e ore di lavoro perse. I cortei dei violenti valgono lo 0,1% del Pil
di Francesco De Dominicis Fino a 1,5 miliardi di euro. Una cifra incredibile che corrisponde, secondo stime non ufficiali dei sindacati, alla perdita di prodotto interno lordo consequenziale allo sciopero di mercoledì organizzato dalla Cgil. Stiamo parlando dello 0,1% del pil, che sarebbe stato bruciato con 4 ore di stop degli iscritti all'organizzazione guidata da Susanna Camusso. Messa così, con una percentuale, pare poca roba. Invece, calcolatrice alla mano, ci si rende conto che si tratta di un dato non irrilevante. Anzi. La cifra viene fuori districandosi fra le stime sindacali. Negli scorsi mesi, il segretario generale dell Uil, Luigi Angeletti, di fronte all'ipotesi di uno sciopero generale paventato a più riprese dalla più agguerrita Cgil, aveva detto che lo stop avrebbe pesato per lo 0,5% sulla crescita economica. L'idea di una manifestazione di massa di tutte le sigle e per l'intero arco della giornata era stata avanzata dalla Camusso per protestare contro le misure del governo di Mario Monti. Una prospettiva che ha diviso il fronte sindacale. La Uil ha sempre ritenuto pericolosa una protesta ad ampio raggio, specie in una fase così delicata per l'economia del Paese. E partendo proprio dall'analisi di Angeletti, oggi, alcuni esperti delle sigle dicono che uno sciopero come quello di mercoledì, vale grosso modo un quinto di uno generale. Di qui il calcolo dello 0,1%, cioè 1,5 miliardi di euro o poco più. Conteggio che tiene conto delle ore di lavoro buttate al vento da tutti gli iscritti (e non) alla Cgil che hanno incrociato le braccia per quattro ore. Certo, chi ha aderito alla manifestazione avrà una decurtazione in busta paga. Ma allo stesso tempo ha contribuito a tagliare la produzione. Con danni per il pil nazionale. Un conto che, peraltro, potrebbe salire ancora. Basta aggiungere i danni cagionati dai manifestanti e dalle vere e proprie guerriglie che hanno avuto come protagonisti anche gli studenti in diverse città italiane, da Roma a Milano. Vetrine, negozi, banche, uffici postali e assicurazioni sono stati prese di mira dai partecipanti ai cortei che, come se non bastasse, hanno bruciato migliaia di auto. Strade e piazza trasformati in campi di battaglia. La manifestazione finisce, ma restano i danni da riparare. Interventi sempre costosi. Singolarmente sono sempre cifre esigue, pochi spiccioli. Ma, messi insieme, pure i 25mila euro calcolati per sistemare i 5 tornelli della stazione di Milano Cadorna assumono una rilevanza diversa. E a raggiungere cifre ben più consistenti ci vuole davvero poco. Per calcolare i danni provocati mercoledì ci vorrà qualche giorno. Un anno fa, in occasione della protesta degli indignados, solo a Roma il sindaco Gianni Alemanno calcolò che la Capitale avrebbe pagato un conto di oltre 3 milioni di euro. Cifre che pesano sui conti degli enti locali, quasi sempre disastrati. Ma a pagare sono pure i privati. Che - quando sono coperti da specifiche polizze assicurative - se la cavano, ma spesso sia i cittadini sia i commercianti sono costretti a mettere mani al portafoglio per riparare i danni. Un film che si ripete spesso. L'anno scorso Roberto Maroni, allora ministro dell'Interno, propose una legge ad hoc. Complice la caduta del Governo di Silvio Berlusconi non se ne fece più nulla, ma adesso c'è chi pensa di tirare fuori dal cassetto quella proposta. L'idea dell'attuale segretario della Lega prevede che gli organizzatori di manifestazioni pubbliche si assicurino con specifiche polizze. In assenza di una copertura assicurativa l'organizzazione deve mettere sul piatto adeguate garanzie patrimoniali. Il principio è piuttosto semplice: chi provoca i danni, paga.