La svolta: per pagare gli operaiè lecito evadere l'Iva
Il Tribunale di Padova dà ragione all'imprenditrice che ha preferito dare gli stipendi e non saldare le imposte. Un precedente per chi è con l'acqua alla gola
di Attilio Barbieri Settantamila euro di Iva non versata: per questo Maria Grazia Fedon, imprenditrice del Nordest, rischiava grosso. L'Agenzia delle entrate di Padova l'aveva denunciata, così il caso era finito in Tribunale. L'altroieri la sentenza: assolta dall'evasione fiscale perchè il fatto non costituisce reato. Maria Grazia, infatti, non aveva versato l'imposta sul valore aggiunto perché quei soli li aveva utilizzati per pagare gli stipendi agli operai della Cosma, l'impresa di cui era titolare, e ai fornitori. D'altronde non aveva alternativa: soldi in cassa non ce n'erano, i clienti pagavano in ritardo e avere soldi in prestito dalle banche era una chimera. Così ha fatto una scelta: l'Erario aspetterà. E così è stato. Niente acconto Iva. E via coi bonifici per pagare gli stipendi ai dipendenti e saldare i fornitori. I fatti risalgono al 2005 e le imposte la dichiarazion da effettuare col modello Unico del 2006. Una storia comune a decine, centinaia di migliaia di imprenditori, commercianti e artigiani. Il cui numero è cresciuto a dismisura in questi difficili mesi di recessione economica. Maria Grazia era cosciente di poter incorrere in guai. Seri. Ma ha preferito destinare i soldi a disposizione a chi ne aveva più bisogno. I guai sono iniziati poco dopo con una verifica fiscale, da cui è emerso il mancato versamento. Ed è partita la denuncia per evasione fiscale. Il fascicolo arriva in tribunale e parte il processo. Penale. Già, perché chi non paga le tasse rischia la galera. Il pm aveva chiesto sei mesi di reclusione. L'altroieri la sentenza di assoluzione. Il magistrato ha accolto la tesi dell'imprenditrice padovana. I denari che erano in azienda non sono stati versati per l'acconto dell'Iva perché se ciò fosse avvenuto i dipendenti sarebbero rimasti senza un soldo. Al giudice padovano Tecla Cesaro è bastata la spiegazione della Fedon: «Ho agito secondo coscienza quelli erano i soldi che avevo, e ho preferito dare da mangiare alle famiglie dei dipendenti e pagare gli operai». Meno comprensibile la riflessione del legale dell'imprenditrice veneta: «Non deve costituire un precedente per tutti - ha detto infatti l'avvocato Alberto Di Mauro - con questa sentenza si è affermato che la mia cliente non voleva evadere, come ha dimostrato durante il dibattimento, ma non poteva proprio pagare l'Iva. È un'assoluzione morale. Il giudice ha ritenuto più giusto quello che la persona ha fatto». In realtà non si tratta del primo caso in cui un contribuente viene assolto dal reato di evasione in sede penale. Vi sono sentenze della Corte di Cassazione che giustificano il mancato pagamento delle imposte per cause di forza maggiore. Incluse le difficoltà economiche legate a fattori momentanei. Proprio quelli che hanno indotto Maria Grazia a non versare i 70mila euro d'imposta. Di un caso simile aveva riferito Libero la scorsa estate. Un imprenditore edile del Valdarno non aveva versato 150mila euro di Iva perché l'azienda si trovava in pessime condizioni finanziarie. Ma non con lo scopo di evadere le tasse, bensì per salvare l'attività e far fronte ai costi aziendali, inclusi quelli del personale. Nel 2007 un grande cliente al quale aveva costruito un fabbricato da un milione e mezzo di euro, gli pagò solo la metà della somma dovuta. Così l'imprenditore fiorentino, per non far fallire l'azienda, decise di non versare l'Iva. Diventando un evasore. La vicenda è simile a quella che ha visto protagonista Maria Grazia Fedon: denuncia da parte dell'Agenzia delle entrate, processo e assoluzione. Secondo i magistrati fiorentini agì per «cause di forza maggiore». Come accade per decine di migliaia fra industriali, artigiani e commercianti. Ne conosco alcuni per averli incontrati negli ultimi mesi, che si trovano alle prese con un problema analogo a quello dei due imprenditori, una padovana l'altro fiorentino, «graziati» dalla giustizia penale. A diversi è toccata pure la beffa di sentirsi chiamare dai loro clienti che avevano ricevuto una lettera in cui l'Agenzia delle entrate li invitava a non saldare le fatture ma a girare il dovuto al Fisco. Per coprire l'Iva non pagata.