Solo le over 50 famose possono tenersi un figlio
Due pesi e due misure. Oggi i giudici decidono su tutto: dichiarata adottabile una bimba perché ha genitori vecchi. E i Vip?
di Mario Giordano È una brava mamma? O non è una brava mamma? La Corte d'Appello di Torino s'è arrogata quest'ultimo diritto: è entrata a codici uniti dentro ciò che c'è di più intimo e privato, cioè il rapporto tra una madre e il frutto del suo seno. E ha deciso che la signora Gabriella De Ambrosis di Mirabello, Casale Monferrato, è inadeguata a crescere Viola, sua figlia naturale. E il marito Luigi è altrettanto inadeguato a farle da papà. I due non hanno commesso reati né violenze, vivono in condizioni più che dignitose, non hanno mai fatto mancare nulla alla bimba e l'accusa che hanno loro rivolto di «abbandono di minore» si è rivelata inconsistente come un grumo di neve all'Equatore. Eppure i magistrati hanno deciso: la bimba è stata loro sottratta quando aveva solo un mese. E ora, che ne ha due anni e mezzo, è stata dichiarata adottabile. Se la prenderà qualcun altro. Papà e mamma non la riabbracceranno mai più. Una colpa ce l'hanno Gabriella e Luigi, per la verità. Sono un po' vecchiotti. Lui ha 71 anni, lei 59. E hanno cercato questa figlia con determinazione ricorrendo a vari tentativi di fecondazione assistita, come milioni di altre coppie nel mondo. In effetti: quello che stupisce è che negli stessi giorni in cui veniva pubblicata la notizia dei due genitori «troppo vecchi per avere figli», in altre pagine e con toni quasi trionfali, veniva pubblicata quella della maternità di Carmen Russo che, a 53 anni, ha annunciato d'aspettare un figlio. E allora c'è qualcosa che non torna: perché ci si scandalizza se la signora Gabriella De Ambrosis è diventata madre a 57 anni e si festeggia se Carmen Russo lo diventa a 53? Forse essere famosi è un requisito indispensabile per diventare buone mamme, seppur un po' anzianotte? Fra le vip, negli ultimi tempi, questa si è affermata come una nuova moda. Gianna Nannini, ad esempio, dimenticando passato e rivendicazioni omosessuali, è diventata a 54 anni mamma (single) di Penelope e i settimanali ne hanno fatto un'icona chic, dimenticando persino che stava usando la maternità per lanciare un disco. Nessun giudice è intervenuto per dire che non è bello inserire il proprio bebé nei piani di politica commerciale, nessuno che abbia indagato sul «narcisismo» di quelle fotografie sbattute in copertina. Macché: i giudici sono interessati al narcisismo della signora Gabriella di Mirabello Monferrato, alla sua «incapacità comunicativa» e al suo «scambio di corrente di sentimenti». Sta tutto scritto nelle motivazioni della Corte d'Appello. Come mai? Sarà che la signora non viene bene in foto e non fa vendere nemmeno una copia a Vanity Fair? Heather Parisi è diventata mamma a 50 anni, Ursula Andress a 45, Halle Berry a 43, Alessandra Martines a 49: nessuna di loro ha avuto problemi di «corrente di sentimenti» o «incapacità comunicativa». Anzi, sono state tutte celebrate, riverite, fotografate su carta patinata. Per Gabriella e Luigi, invece, niente carta patinata. Solo la cartaccia della Corte d'Appello che si prende il diritto di stabilire quale sia stato il «reale investimento affettivo» dei due genitori. Un gioco assai spericolato: già è difficile per un giudice quando c'è un reato o no, quando c'è infrazione della legge o no. Come si può pretendere di far passare per le maglie di un tribunale l'investimento affettivo di una mamma e di un papà? Negli ultimi tempi, per carità, ci siamo abituati a tutto. A giudici che ordinano di andare a strappare bambini davanti a scuola, che stabiliscono come devono essere i palinsesti Tv o le formazioni delle squadre di calcio, che vogliono dare agli scienziati la sfera di cristallo per prevedere le catastrofi naturali, oppure che pretendono di decidere in punta di diritto se si può fare la linguaccia (cassazione civile), se si può fare piedino (cassazione penale), quanta pubblicità bisogna fare al cinema (tribunale di Napoli), quanto deve dimagrire un bullo sovrappeso (tribunale di Ancona) e persino dove bisogna baciare una donna (tribunale di Piacenza). Non ci stupiamo di nulla, sia chiaro: ma come si fa a pretendere di stabilire pure i sentimenti che una mamma scambia con la propria bimba? Lo ripeto: qui non siamo di fronte a una violazione di legge. Né a comportamenti socialmente riprovevoli o a condizioni di disagio. Si tratta di una pura valutazione sulla qualità del rapporto e sull'affetto in esso contenuto. Niente di più. Fra l'altro tutto è partito da una denuncia di abbandono, poi rivelatasi farlocca: la bimba era sull'auto, la mamma era andata a farsi fare un'iniezione, il papà scaricava la spesa senza mai perdere di vista la bimba. Tanto è bastato, però, per scatenare l'inimmaginabile: all'improvviso, passando da quel piccolo pertugio giudiziario, dentro la casa di Mirabello si sono precipitati assistenti sociali, psicologi, psichiatri, esperti, periti, avvocati e infine giudici. Tutti lì a soppesare gli sguardi di Gabriella, i sorrisi di Viola, i sospiri di Luigi, pronti a valutare quanta corrente di sentimento ci fosse dietro ogni sillaba, quanto affetto ci fosse dietro ogni parola. Ma come si fa? Dicono di lei: «È un'alessandrina fredda e antipatica». E allora? Anch'io sono un alessandrino, piuttosto freddo e piuttosto antipatico. Ma basta per essere condannati alla pena più dura, cioè quello di vedersi sottratto un figlio? Il mestiere di genitori, è noto, è il più difficile del mondo. E chiunque abbia avuto bimbi da crescere sa che ogni sera deve fare i conti con i sensi di colpa, la paura di essere inadeguati, l'ansia di una sfida che si fa sempre più dura, passando dai pannolini da cambiare alle crisi dell'adolescenza. Ma tutto questo non può essere oggetto di sentenze della magistratura. Non può. Mi fa paura vivere in un Paese che pretende di decidere in tribunale sull'affetto che corre tra una figlia e il suo papà. Mi fa paura vivere in un Paese in cui un giudice può irrompere in casa e portarsi via un bimbo di un mese solo perché pensa che la «corrente di sentimenti» all'interno della famiglia non sia adeguata. Semplicemente mi fa paura vivere in un Paese in cui una Corte d'Appello di occupa di «corrente di sentimenti» all'interno di una famiglia. Non riesco a capire in base a quali criteri lo faccia. Anche perché i criteri cambiano assai: sono severi per la signora Gabriella di Mirabello Monferrato. E non valgano invece per i vip più o meno lesbo-rock.