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La rivelazione di Sollecito: "Volevano che incastrassi Amanda"

Nel suo libro "Honor bound", Raffaele rivela i retroscena di una presunta trattativa con un avvocato vicino al pubblico ministero

Lucia Esposito
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"Volevano che mentissi per   incastrare Amanda". A sostenerlo è Raffaele Sollecito nel suo libro  "Honor Bound", che sta per uscire in America e di cui il settimanale Oggi, rivela il contenuto. Sollecito fu arrestato insieme  con la fidanzatina americana Amanda Knox, condannato in primo grado e   infine assolto nell'ottobre scorso per l'omicidio di Meredith Kercher,  avvenuto il 1° novembre 2007 a Perugia.    Nel libro parla di una trattativa sollecitata da un avvocato   vicino alla pubblica accusa per convincerlo a dire di non sapere cosa   Amanda avesse fatto quella sera. Sarebbe bastato quello, ammettendo la  sola copertura offerta ad Amanda, per uscire presto di galera,  lasciando nei guai l'americana. E parla anche delle continue pressioni  da parte della famiglia, specialmente da parte della sorella Vanessa.   "Mi accusavano di aver perso la testa per Amanda, e le danze   continuavano, fin quando non eravamo tutti furiosi e sfiniti".   Un giorno Raffaele prende carta e penna e scrive alla zia Magda,  con preghiera di inoltrare al resto della famiglia: "Non ho più la   forza di sopportare il vostro desiderio di incolpare Amanda di cose di  cui non è responsabile e che non merita".   La prima sera con la Knox Sollecito nel libro rivela la prima sera con   Amanda, quando la invitò a casa per vedere un film: arrivati a casa   Raffaele mette su il dvd, ma, scrive, "appena mi sistemai vicino a lei  il film era già bello e dimenticato. Non erano ancora finiti i titoli  di apertura che già ci eravamo levati i vestiti l'uno dell'altra. La   mattina dopo mi svegliai con Amanda ancora abbracciata a me".   Sollecito racconta poi la notte degli interrogatori: "Dopo   quattro anni - scrive - magari non ricordo perfettamente l'ordine   delle domande e delle risposte, e la Polizia, che registrava   assolutamente tutto quello riguardava me e Amanda, sostiene di non   aver registrato proprio gli interrogatori di quella notte. Quello che   ricordo bene è il modo, il tono, di quell'interrogatorio, perchè mi   spaventò a morte, ed ebbe un impatto catastrofico".  E accusa di aver sentito "i poliziotti urlare addosso ad   Amanda", i "pianti e i singhiozzi" della ragazza. "Pensavo che la   Polizia fosse fatta di onesti difensori della pubblica sicurezza",   scrive Raffaele, "ma questi mi sembrava che si comportassero più come  dei banditi". Mentre il dramma si consuma nell'altra stanza, racconta   Raffaele, il poliziotto che lo controlla gli si avvicina: "Se provi ad  alzarti e andartene, ti pesto a sangue e ti ammazzo. Ti lascio in una   pozza di sangue". "Poi mi si gelarono le ossa", scrive Raffaele,   "quando sentii i lamenti di Amanda dall'altra stanza. Urlava in   italiano, 'Aiuto, aiuto!'". "Ma cos'è questo?", si chiede Raffaele,   "Quando finirà?"

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