Vaticano, il corvo si mette a cantare: ha fatto il nome di un prelato
Il maggiordomo di Papa Ratzinger, in manette, inizia a svelare la sua verità. In casa apparecchiature per riprodurre documenti riservati
Paolo Gabriele continua a rimanere in una delle «celle» che costituiscono l'unica parvenza di carcere esistente in Vaticano. E le notizie si rincorrono: l'aiutante di camera del Papa starebbe facendo dei nomi, uno almeno, o forse due, se non di più, di alto livello nella gerarchia vaticana. Nomi coinvolti concretamente nel trafugamento di lettere e documenti riservati. Citando «fonti interne» alla Santa Sede, il vaticanista Marco Tosatti, nel suo blog «San Pietro e dintorni», rivela che nell'appartamento occupato dall'aiutante di camera sarebbero stati trovati non solo «documenti in quantità impressionante». Accanto alle «casse di documenti» l'uomo deteneva anche «tutta l'apparecchiatura necessaria per fotografare e riprodurre documenti». Sempre secondo la ricostruzione di Tosatti, gli inquirenti si sarebbero trovati davanti a un quadro che fa presupporre «non un'attività episodica e sporadica, per quanto ricca, ma una vera e propria organizzazione tesa a fotografare, riprodurre e archiviare documenti riservati che giungevano alla scrivania di Benedetto XVI». L'esistenza di una sofisticata apparecchiatura fotografica specialistica spiega anche «come sia stato possibile raccogliere una tale mole di carte; anche se lo spoglio del materiale reperito è ancora in corso, il confronto con alcuni dei documenti pubblicati nel recente libro di Nuzzi, secondo gli inquirenti, avrebbe dato esito positivo». L'ipotesi che circola è anche che la commissione cardinalizia, costituita ad hoc dal Papa poco più di un mese fa, starebbe lavorando alacremente per allargare l'indagine interna e ci sarebbe da aspettarsi altri colpi di scena a breve. Queste le voci, susseguitesi nella giornata di ieri, e bilanciate da altre meno sicure sulla prime testimonianze di Gabriele. Le notizie ufficiali di giornata provengono dal direttore della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, e dalla moglie di Gabriele, che al telefono, per la verità, dice poco o nulla. Ammette che «è stato un duro colpo», quanto è successo, e ripete: «Non posso confermare che Paolo non abbia risposto ai magistrati, non posso commentare in alcun modo», riferendo di essere in contatto con gli avvocati del marito, uno dei quali è Carlo Fusco - avvocato rotale e docente di diritto canonico alla Pontificia Università Urbaniana - che le avrebbero consigliato di non parlare. Da parte sua, padre Lombardi conferma «che la persona arrestata mercoledì sera per possesso illecito di documenti riservati, rinvenuti nella sua abitazione in territorio vaticano, è il Paolo Gabriele, che rimane tuttora in stato di detenzione», mentre «si è conclusa la prima fase di “istruttoria sommaria” sotto la direzione del promotore di giustizia, professor Nicola Picardi, e si è avviata la fase di «istruttoria formale» condotta dal giudice istruttore, professor Piero Antonio Bonnet». Padre Lombardi ribadisce con chiarezza il fatto che tutta l'inchiesta in atto «è di stretta competenza della magistratura vaticana». Gabriele, continua a spiegare il direttore della Sala stampa vaticana, «ha nominato due avvocati di sua fiducia, abilitati ad agire presso il Tribunale vaticano, e ha avuto la possibilità di incontrarli. Essi potranno assisterlo nelle successive fasi del procedimento. Egli gode di tutte le garanzie giuridiche previste dai codici penale e di procedura penale in vigore nello Stato della Città del Vaticano». Quindi «la fase istruttoria proseguirà fino a che non sia acquisito un quadro adeguato della situazione oggetto di indagine, poi il giudice istruttore procederà al proscioglimento o al rinvio a giudizio». Padre Lombardi tiene a sottolineare che comunque i tempi per l'inchiesta «non saranno brevi» e che in Vaticano c'è «grande affetto per la famiglia di Paolo Gabriele, che è conosciuta e amata da tutti», formulando personalmente e con evidente commozione, «l'augurio che la sua famiglia possa superare questo momento. Tutti quelli che, frequentando il Palazzo Apostolico, hanno conosciuto Paolo Gabriele provano oggi dolore e stupore». E camminando, il giorno dopo la notizia del fermo di Gabriele, per le vie di Borgo Pio, sostando nella chiesa di Sant'Anna - proprio a fianco della porta di Sant'Anna, accesso allo stato vaticano - che era la sua parrocchia, o nella chiesa di S. Spirito in Sassia, molto frequentata da «Paoletto», le voci che si raccolgono, i giudizi, i commenti si riassumono in un'unica frase: non è possibile, ancora non ci crediamo, deve essersi messo contro qualcuno di potente, devono averlo tirato dentro in qualcosa di molto più grande di lui. Riecheggiano le parole del suo confessore, riportate, in forma anonima, dal quotidiano La Stampa . «Conosco Paolo da tanti anni», racconta il sacerdote, «e se fossero dimostrate le accuse a suo carico davvero d'ora in avanti non ci sarebbe da fidarsi più di nessuno. L'ho seguito spiritualmente e posso testimoniare di avere sempre trovato una persona innamorata della Chiesa, e molto devoto al Papa, prima a Giovanni Paolo II e ora a Benedetto XVI». Ma spiega anche, il confessore, che Gabriele «a un certo punto aveva finito per scontrarsi con qualcuno di molto potente» in Vaticano. di Caterina Maniaci