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Immigrazione, chi la vuole poi pensa che gli stranieri devono meritarsi l'integrazione

Arnaldo Ferrari Nasi
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La questione dello Ius Soli, tornata alla ribalta con Enrico Letta alla segreteria Pd, è davvero controversa e anche i sondaggi sul tema vanno fatti e letti con attenzione. Partiamo da alcuni dati di fatto. Le opzioni che la politica propone, per chi ha genitori stranieri e nasce in Italia, sono essenziamente tre: essere considerato italiano in automatico, alla nascita; diventarlo in automatico, ma solo dopo aver frequentato le nostre scuole per un certo numero di anni, poniamo l'istruzione dell'obbligo; il mantenimento della legge attuale, ovvero poter diventare cittadino italiano solo su propria richiesta, alla maggiore età. Su questo aspetto, nelle persone le opinioni sono ormai formate e stabili. Ne è prova che non si rilevano differenze tra due identici sondaggi effettuati a sette anni di distanza, 2014 e nel 2021: lo Ius Soli tout court - italiano alla nascita - è l'opzione indicata dalla quota più importante di cittadini, ma siamo abbondantemente sotto la metà, 39%; coloro che vorrebbero mantenere la situazione così come è ora sono ancor meno, il 24%. Due gruppi non caratterizzati socialmente in particolar modo, ma politicamente, sì: di sinistra i primi, di destra i secondi. Molto interessante la "fascia di mezzo", quel 29% che potremmo definire dello Ius Culturae, che pensa che dopo i 10 anni di scuola obbligatoria gli immigrati dovrebbero essere considerati italiani, in quanto dovrebbero aver assorbito i valori e standard di vita italiani. È così importante questa fascia di mezzo, che se si uniscono al primo gruppo, in virtù della parola "automatico", si arriva al 68%, ma se, invece si uniscono ai secondi in virtù dell'età matura (16 e 18 anni) e dei i dieci anni di scuola, si arriva al 53%. Ricordiamoci, però, che, come titolava Repubblica nel 2017 «alle elementari e alle medie tutti promossi per legge», ovvero che «basterà un solo professore contrario alla bocciatura e l'alunno sarà ammesso alla classe successiva». Alle elementari e alle medie non si boccia più, se non in casi rarissimi; se aggiungiamo i due anni fatti casualmente alle superiori, i cui programmi sono strutturati per dare un diploma superiore e non per concludere l'obbligo scolastico, possiamo pensare che la scuola non dia garanzia sufficiente nell'aver creato cittadini. Allora ho fatto una domanda scorretta, ho chiesto se si fosse d'accordo o no nel revocare la cittadinanza concessa «se costoro dimostrano poi di non condividere i nostri valori, il nostro modo di vivere e commettono reati». Non si può fare, non si può revocare la cittadinanza, se non in casi particolarissimi, ma io ho cercato di capire cosa la gente avesse in testa: sei italiano perché nasci in Italia, o lo sei perché ami l'Italia e ne hai imparato i valori? Il 60% revocherebbe, anche il Pd (51%) o l'M5S 64%, più della media. Solo Leu dice no: 27%, comunque uno su quattro. Credo di poter concludere dicendo che, gli italiani vogliono essere sicuri che chi diventa italiano, lo diventi veramente, non lo sia di comodo. Un po' come nell'Antica Roma, dove per ottenere la cittadinanza dovevi farti una ventina d'anni di legione: «Francus ego cives, romanus miles in armis» («Sono un cittadino franco, ma in armi un soldato romano»).

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