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"Tonino scodinzola dietro Grillo". Nell'Idv tira aria di scissione

Antonio Di Pietro visto da Benny

Donadi al Corriere: "Ci abbiamo messo anni a creare tutto questo e ora lui sta mandando tutto al macero". L'ex pm minimizza ma mezzo partito ormai gli preferisce Bersani

Giulio Bucchi
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  Nell'Italia dei Valori tira aria di scissione. Una rottura clamorosa, che per ora Antonio Di Pietro fa finta di considerare normale dialettica interna ma che di scambio di idee ha ben poco. A definire il leader "cane che scodinzola dietro a Beppe Grillo" è stato l'onorvole Massimo Donadi, presidente dei deputati Idv. Un pezzo grosso, insomma, che per esprimere il proprio dissenso nei confronti della linea "dura e pura" di Di Pietro ha scelto le colonne del Corriere della Sera: "Ci abbiamo messo anni a creare tutto questo - attacca Donadi -, a trasformare l'Italia dei valori da movimento di protesta a partito di governo. E adesso Tonino sta mandando tutto al macero". A Donadi e a buona metà del partito, infatti, non va giù la decisione dell'ex pm di rompere con Pierluigi Bersani e Nichi Vendola, di stare fuori dal progetto di un centrosinistra unito. Stracciando la foto di Vasto (o permettendo che gli altri due la stracciassero) e candidandosi premier in solitaria Di Pietro ha condannato l'Idv ad una posizione ai margini. Strategia sbagliata - "Se fosse sceso in campo per le primarie - aggiunge Donadi - sarebbe stata un'ottima notizia, la prova che staremmo ancora lavorando, con Bersani e Vendola, nel centrosinistra. Invece no, candidandosi a premier ha fatto l'ennesima rottura". Per Donadi, Di Pietro ormai "preferisce scodinzolare dietro Beppe Grillo, copiarne persino il linguaggio e gli atteggiamenti offensivi", compreso il video sui leader-zombie. "Penso che non sia giusto tradire così la nostra storia", sottolinea amaramente. Futuro in bilico - Scissione dietro l'angolo? "Mi rifiuto anche solo di prendere in considerazione questa ipotesi", mette le mani avanti Donadi. E se qualcuno gli chiedesse di   dimettersi da capogruppo? "Non ci sono diventato con un sorteggio, mi hanno scelto i colleghi. E la loro scelta è revocabile". Quindi, "se dimettermi da capogruppo fosse il prezzo da pagare per convincere Di Pietro ad anticipare la riunione dell'esecutivo o a convocare il congresso sono pronto a pagarlo. Anche subito". "Donadi è un punto di riferimento, ce ne fossero come lui", glissa Di Pietro, che però non commenta le richieste del suo capogruppo. Tonino sta prendendo tempo: sa che in questo momento molti dei suoi (elettori compresi) preferirebbero stare con Bersani e Vendola piuttosto che correre da soli sotto l'ombrello sgualcito del padre-padrone.  

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