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Fini strizza l'occhio a BersaniTutti i futuristi lo scaricano

Visti da Benny

Anche Gianfranco è pronto a lanciare la corsa di Pier verso Palazzo Chigi. Ma nel suo partito è l'unico a pensarla così

Andrea Tempestini
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Gianfranco Fini è pronto a lanciare la corsa di Pierluigi Bersani a Palazzo Chigi. A patto che la prossima sia una legislatura costituente. Con un governo sostenuto dalle forze che appoggiano il governo di Mario Monti. L'ideale sarebbe la ricandidatura dello stesso Professore. Ma se Monti non sarà disponibile, può andare anche Bersani. Con una coalizione senza il Pdl. O una parte di esso: quelli che il presidente della Camera considera i più “responsabili”, da Franco Frattini a Beppe Pisanu. Questo ha lasciato intendere (senza dirlo esplicitamente) l'ex leader di An all'Assemblea nazionale di Fli di sabato scorso, suscitando il malumore dei destrorsi duri e puri. La svolta a sinistra di Fini non è stata presa per niente bene, tra gli altri, da Roberto Menia, Carmelo Briguglio, Gianfranco Paglia, Donato Lamorte, Carmine Patarino. E anche Fabio Granata, che in passato era stato protagonista di sterzate a sinistra, non è apparso convinto. Così, di fronte all'alleanza politica con Bersani, qualcuno potrebbe andarsene. Perché un conto è sostenere insieme Monti, un altro è presentarsi con la sinistra di fronte agli elettori. Molto ambiguo, invece, Italo Bocchino, che da una parte sembra seguire Fini e dall'altra ha ripreso a tessere la sua tela con gli ex An del Pdl, a cominciare da Ignazio La Russa. Poi c'è la pattuglia di fedelissimi, che sostengono Fini nell'apertura a Bersani: Benedetto Della Vedova, Flavia Perina, Enzo Raisi. Unica condizione di Fini è l'esclusione dall'alleanza di tutti i partiti che non sostengono Monti. Quindi Sel e Idv sono tagliati fuori. «Sarà difficile vedere sullo stesso palco in campagna elettorale Vendola e Bersani», ha detto il presidente della Camera all'Assemblea. A conferma che la condizione di Fini a Bersani è proprio la rottura con Sel. E naturalmente viene escluso anche Grillo. «Bene Bersani a prendere le distanze da Beppe Grillo», dice il finiano Deodato Scanderebech.  Il problema è che ancora non si capisce se Fli continuerà a vivere oppure no. Viste le percentuali tra il 2 e il 3 per cento, alcuni nel partito sono convinti dello scioglimento in autunno. «Che senso ha tenere in vita un partito che non riesce a decollare dal punto di vista elettorale? Il giudizio su di noi l'hanno già espresso gli elettori e ci hanno bocciato», osserva un senatore futurista. Ma non tutti sono d'accordo. «Fli continua perché scioglierla non avrebbe alcun senso. Poi è da vedere se si presenterà con il proprio simbolo alle elezioni oppure se confluiremo in una creatura più vasta», spiega Giorgio Conte.  Certo, il clima che si respirava all'Assemblea nazionale non era dei migliori. La grande onda emozionale di Mirabello è ormai un pallido ricordo. E molti finiani sono usciti dall'appuntamento totalmente depressi. Specialmente perché, visti i sondaggi, la maggior parte di loro è destinata a non essere rieletta. E ormai non possono nemmeno riciclarsi in altri lidi, come hanno fatto per tempo Adolfo Urso e Andrea Ronchi. E qualcuno si è sfogato. «A seguire Fini ci abbiamo solo rimesso», afferma un deputato, «e dal prossimo anno dovremo tutti cercarci un altro lavoro. Se poi ci mettiamo alla ruota di Bersani, allora sarà davvero la fine».  di Gianluca Roselli

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