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La maestra Fornero vuole licenziare chi la contraddice

Elsa contro i vertici dell'Istituto di previdenza: la loro colpa? Hanno detto la verità sugli esodati

Lucia Esposito
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A valere più di mille parole non sono solo certe immagini. Alle volte sono anche certi lanci d'agenzia. 12 giugno 2012, ore 16 e 36: «Esodati: Casini, vogliamo chiarezza, tempo è scaduto». E se pure Pier, da sempre il più strenuo pasdaran del montismo senza se e senza ma, si mette a criticare il governo allora significa che la situazione è oltre il livello di guardia. A portarcela non poteva che essere Elsa Fornero, ministro del Welfare. La quale, si spera inconsapevolmente, ogni giorno che passa mina la sopravvivenza del governo come nemmeno il più irriducibile dei leader di opposizione saprebbe fare. Fiction politica Ieri la titolare del Welfare ha inaugurato un nuovo genere della fiction politica: la strategia della pensione. In sostanza, la signora ha accusato i vertici dell'Inps - colpevoli solo di avere fornito i numeri veri sui quasi 400mila esodati lasciati nei guai dalla riforma previdenziale della Fornero - di stare tramando per mandare a casa l'esecutivo dei professori («Documento diffuso per danneggiare il governo») e si è lagnata di non poterli cacciare in blocco su due piedi («Chi gioca al massacro andrebbe sfiduciato»). Un'uscita di rara scompostezza, che non a caso è valsa al ministro la più trasversale delle reprimende: maggioranza e opposizione, peones e big, falchi e colombe, montiani e anti-governativi. Ieri, chi ha proferito verbo riguardo la Fornero lo ha fatto, nel migliore dei casi, per darle garbatamente addosso. I più lo hanno fatto per darle addosso senza garbo. Lacune Fornero D'altronde, non è che si diventa il ministro stabilmente in coda ai sondaggi di opinione (l'ultimo è di un paio di settimane fa, e dà la fiducia per la Fornero al 5%) se si è privi di talento. Lacuna che la signora si è premurata di dimostrare di non avere fin dal primo giorno. Se c'è infatti un'immagine che più di ogni altra è rimasta impressa nella memoria degli italiani, questa è quella dell'ormai celebre pianto della Fornero. 4 dicembre 2011, il governo tecnico appena insediatosi si presenta alla cittadinanza per spiegare come intende portare fuori il Paese dal baratro della speculazione. Uno si aspetterebbe messaggi vagamente rassicuranti e invece si ritrova un ministro che, nel presentare la propria riforma delle pensioni, a metà della prima frase scoppia in lacrime perché sopraffatta dal pensiero delle sofferenze che questa andrà ad infliggere. Roba da scongiuri. E da brutti presagi. Che, come dimostra il parziale e perfettibile elenco di gesta forneriane che segue, avrebbero tardato poco a diventare realtà. Il tira e molla sugli esodati (cifre che ballano da mesi, tavoli con le parti sociali convocati a raffica, appelli alle aziende perché se li riprendessero); il ticket sugli esami clinici ripristinato a carico dei disoccupati e ritirato in tutta fretta dopo le proteste di sindacati e Pd (e giustificato con un fantomatico «refuso»); le giravolte sull'articolo 18 che hanno contribuito a rendere vieppiù travagliato il cammino della riforma del lavoro; la polemica con gli imprenditori sui crolli dei capannoni in seguito al terremoto in Emilia. Un capitolo a parte, perché se stai antipatica all'universo mondo è probabile che tu lo sia anche per i tuoi colleghi, lo meritano gli scontri con gli altri ministri. Con la Fornero, nei mesi, se la sono presa Andrea Riccardi (Cooperazione) per via di certe uscite improvvide della signora circa «la famiglia tradizionale sempre più eccezione e meno regola», Mario Catania (Agricoltura) per i voucher del settore agricolo, Filippo Patroni Griffi (Pubblica amministrazione) per la licenziabilità dei dipendenti statali e Vittorio Grilli (vice all'Economia) per le coperture degli esodati. Menzione a parte per Piero Giarda (Rapporti con il parlamento) che della collega è parso non poterne più al punto da rifiutarsi platealmente di sederle accanto nel corso di un convegno. Gaffeuse Da una così, per lo meno, ci si aspetterebbe un puntiglio scandinavo nelle esternazoni. E invece Elsa da San Carlo Canavese si è dimostrata prolifica anche nel settore delle gaffe. Dalla difesa a spada tratta della figlia ricercatrice (che, coincidenza, lavora per l'università in cui insegnano ambo i genitori ed è responsabile di un'unità di ricerca presso una fondazione finanziata dalla banca della quale la madre ora ministro è stata dirigente fino a pochi mesi fa) alla ormai celebre uscita sulla «paccata di miliardi» che il governo avrebbe da scucire per la riforma del lavoro; dalle famiglie che dovrebbero smettere di comprarsi casa per avere più soldi da investire nell'istruzione dei figli («Bisogna considerare le priorità») alla spending review che «sarà tostissima»; dall'intimazione agli uomini a «fare di più in famiglia» perché «le giovani generazioni di donne devono avere le stesse opportunità degli uomini» agli studenti somari perché «non conoscono le lingue, italiano compreso».  Avviso di licenziamento Fino all'intemerata con preavviso di licenziamento incorporato per Mastrapasqua e compagnia pensionante. Fino alla corale levata di scudi da parte di maggioranza, opposizione e sindacati. Fino al momento in cui persino Pier Ferdinando Casini capitola. Perché a difendere l'indifendibile ce la si fa ancora, ma difendere la Fornero, almeno questa volta, non è umanamente possibile. di Marco Gorra

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