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Obama ha una bomba atomicaper far fuori la Merkel

L'America ha poche leve per piegare la Germania. Ma se Angela non cede, l'arma segreta potrebbe essere il rating

Andrea Tempestini
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Invocare pensieri sulla crescita non serve. Chiedere rilassamenti sulla linea di austerity non paga. Fare vertici o videoconferenze da qualche anno non cambia molto. Puntare su Hollande rischia di deludere. Se davvero l'America arrivasse a un punto di rottura con la tigna teutonica di Angela Merkel, quali possono essere le vere armi - più o meno convenzionali - in mano all'amministrazione americana? È da cercare in questa risposta la reale direzione della vera e propria guerra che percorrerà l'Atlantico e il vecchio continente nel mese in corso. La prima tappa «visibile» sarà il 13 giugno, martedì prossimo, quando in Germania si discuterà di una prima ipotesi di un «European Debt Redemption Fund (ERF)», una prima parziale formula di condivisione del debito che in molti - a cominciare da BNP Paribas, che ha dedicato all'iniziativa un report uscito lo scorso 5 giugno - considerano un passo verso gli Eurobond. L'altra  data chiave - dopo l'Eurogruppo di ieri che ha previsto 100 miliardi per tamponare il bagno di sangue delle banche spagnole - sarà il 22 con l'incontro Merkel-Hollande-Monti-Rajoy, prodromico al Consiglio europeo del 28 e 29. Un primo segnale che lascia pensare che la manona Usa timorosa di un deterioramento dell'area Euro si sia fatta sentire già ieri sta nel fatto che - a differenza del caso greco - alla Spagna non è chiesto come contropartita un salasso fiscale; restano però tutte da chiarire modalità di «salvataggio» e ruolo del Fondo Monetario a Madrid nei prossimi mesi.  Ma proprio perché negli ultimi tre anni l'Europa si è abituata a passare da attese ossessive a delusioni cocenti, non è forse in questo calendario che va cercato il nodo della questione. Da mesi infatti il pressing dell'America, che si può dire abbia da sempre contestato la ricetta fiscale imposta da Berlino al Vecchio continente, si è fatto esplicito e drammatico, sia nei canali ufficiali (telefonate e appelli di un Obama incalzato dalla corsa elettorale, incontri bilaterali di Geithner), sia in quelli sotto il pelo dell'acqua. Il punto è che anche qui la Germania appare un osso durissimo. «Sul piano strategico Berlino può considerarsi competitor a tutti gli effetti», spiega a Libero Domenico Lombardi, analista della Brookings: «Sia nei rapporti con la Cina sia in quelli con la Russia la Germania ha un ruolo che rende difficili trattative condotte da posizioni di forza da parte dell'America. Senza considerare che, sul piano militare, Berlino si è ben guardata dal mettere piede in Libia e non partecipa con contingenti significativi nello scacchiere iracheno». Anche qui, strumenti in meno per trattare su tavoli paralleli ma spesso decisivi.  C'è la leva della Fed, certo. Ma anche questa può essere un'arma spuntata, perché - spiega sempre Lombardi - «le oscillazioni dell'Euro condizionano in maniera significativa l'export italiano e di altri Paesi, meno quello tedesco, ad alto valore aggiunto tecnologico e meno soggetto a variazioni della moneta». La struttura dell'economia tedesca nei settori della Difesa poi depotenzia anche giochi diplomatici sul fronte di appalti e commesse: la Germania non ha società come Finmeccanica, su cui può essere utile scaricare pressioni e «suggerimenti». È anche per questo che ormai l'amministrazione Usa è arrivata a livelli quasi di frustrazione nell'approccio alla crisi dell'euro. L'arma non convenzionale che resta in mano a Obama è un'atomica ad alto rischio di radiazioni. Un assaggio di questo potere lo si è forse avuto col declassamento di alcuni grossi istituti tedeschi da parte di Moody's: la già provata Commerzbank, Eurohypo, Dekabank Deutsche Girozentrale, Dz Bank, Landesbank Baden-Wuerttemberg, Landesbank Hessen-Thueringen, Norddeutsche Landesbank e UniCredit Bank.  È chiaro che non è pensabile considerare le agenzie di rating braccia armate dell'amministrazione. Tuttavia un prosieguo di questi declassamenti sarebbe un potenziale choc per la solidità della Germania e per i tassi mostruosamente bassi a cui può permettersi di piazzare i titoli. Non è un mistero che in particolare le Landesbank siano tra gli istituti che per primi e in maggior dosi hanno fatto incetta di derivati e titoli a rischio dai tempi del crac Lehman. Esposizione che non è calata, e rende attaccabili questi istituti, peraltro sussidiati dalla Cdp tedesca i cui esborsi non sono conteggiati nel debito. L'«atomica» americana è questa. Ma è un'operazione a rischio altissimo, perché il pericolo di contagio è massimo. Proprio come l'atomica, il valore è tutto nella deterrenza. Queste settimane mostreranno se il potere di quest'arma è stato messo sul tavolo. di Martino Cervo

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