Corona per uscire dovrà chiedere il permesso. E a casa entro le 21.00!
La sentenza del Tribunale di Milano: "E' una persona pericolosa per la sicurezza e per la pubblica moralità"
Corona chiuso in casa dai giudici, come un quindicenne ribelle da mamma e papà. Secondo il Tribunale di Milano, infatti, "Fabrizio Corona è una persona pericolosa per la sicurezza e per la pubblica moralità". Quindi ecco la soluzione: dovrà chiedere il permesso alla polizia ogni volta che vorrà uscire di casa, non potrà comunque lasciare la propria abitazione dalle 21, dovrà lavorare con regolarità e "vivere onestamente". Consigli da Grillo parlante, ma con valenza coercitiva. In Tribunale - Settimane addietro il Re dei paparazzi era comparso davanti ai giudici in un'udienza a porte chiuse, dichiarandosi vittima del sistema e innocente. Ma la corte ha deciso altrimenti: la Direzione distrettuale antimafia ha infatti chiesto una misura di sorveglianza speciale per l'ex agente dei fotografi, e la sezione Misure di prevenzione del tribunale di Milano ne ha diposto l'applicazione per un anno e mezzo. E non è finita qui; mancano infatti i verdetti del tribunale di sorveglianza sull'ordine di esecuzione della pena per le prima sentenza: la condanna a un anno e 5 mesi di reclusione per estorsione e tentata estorsione nell'ambito dell'inchiesta "Vallettopoli". A ciò si aggiungono due patteggiamenti per aver usato di monete false a Roma e a Orvieto per un totale di 2 anni e 8 mesi di carcere. La scappatoia - Corona ha cercato una scappatoia anche stavolta: ha infatti presentato istanza di affidamento ai servizi sociali per evitare il carcere, possibilità prevista dalla legge se la pena definitiva non supera i 3 anni a patto che i condannati indichino un domicilio e svolgano un lavoro. Nella sua istanza l'ex agente fotografico ha indicato come occupazione la sua società di organizzazione eventi in Corso Como. In merito è prevista un'udienza il prossimo autunno, ma nel frattempo potrebbe diventare definitiva la condanna a 5 anni di carcere emessa dalla corte d'appello di Torino per l'estorsione al calciatore David Trezeguet, vanificando l'istanza.