Patarnello, la toga anti-Meloni graziata dal Csm

Patarnello scrisse l'email in cui definiva il premier "più pericolosa di Berlusconi". Per il Csm nessun problema
di Giovanni M. Jacobazzigiovedì 17 aprile 2025
Patarnello, la toga anti-Meloni graziata dal Csm
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Il Consiglio superiore della magistratura ha archiviato ieri pomeriggio, al termine di un dibattito estenuante, la pratica aperta nei confronti di Marco Patarnello, il magistrato divenuto famoso per aver scritto in una mail che l’azione del presidente del Consiglio, dell’intero governo e della maggioranza parlamentare di centrodestra sarebbe “pericolosa” e da “combattere” con un’azione unitaria dell’intera magistratura.

Il motivo? La nota in questione era stata pubblicata sulla mailing list dell’Associazione nazionale magistrati, aperta ai soli iscritti, e quindi riconducibile a «corrispondenza privata» per la quale vige la tutela della «libera manifestazione del pensiero» che non può essere minimante toccata. Le regole d’ingaggio togate sono quindi queste: se vengono date alle stampe le chat e le mail private dei parlamentari di Fratelli d’Italia, come successo nei mesi scorsi, nessun problema in quanto l’opinione pubblica deve essere messa a conoscenza di cosa avviene all’interno del principale partito di governo; se invece si pubblicano le chat e le mail dei magistrati che attaccano frontalmente il presidente del Consiglio è violazione della privacy e bisogna perseguire con fermezza il responsabile.
Bene a sapersi.

La pratica, per la cronaca, era stata aperta lo scorso ottobre dai consiglieri di centro destra Felice Giuffrè, Isabella Bertolini, Daniela Bianchini, Claudia Eccher ed Enrico Aimi, all'indomani della pubblicazione sul quotidiano Il Tempo della mail di Patarnello, attualmente sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione.

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OSTILITÀ
Il magistrato, esponente di punta di Magistratura democratica, la corrente di sinistra delle toghe da sempre sulle barricate nei confronti del governo, si era lasciato andare a giudizi caratterizzati da una profonda ostilità. Patarnello, in particolare, aveva definito Giorgia Meloni «più pericolosa di Berlusconi perché non ha inchieste giudiziarie a suo carico e quindi non si muove per interessi personali, ma per visioni politiche e questo la rende molto più forte». Fatta questa premessa, aveva aggiunto che occorreva «compattarsi» per contrastarla. «Una vera discesa in campo, con una linguaggio militante, che di certo non si addice a chi è chiamato ad esercitare una delle funzioni più delicate, il cui presupposto è l’assoluta imparzialità», ha ricordato Aimi, laico in quota Forza Italia. «Si tratta di frasi- ha aggiunto - che rappresentano una minaccia diretta al principio di separazione dei poteri, e minano la legittimazione democratica del potere esecutivo e legislativo».

«Si continua a non capire che il magistrato non può manifestare apertamente le proprie idee politiche. Il canone di riferimento deve essere sempre quello della sobrietà e della correttezza», hanno sottolineato Eccher e Bertolini, la prima in quota Lega, la seconda in quota Fratelli d’Italia. «Nessuno vuole toccare il diritto della libertà di espressione del magistrato che, ricordiamolo, ha un ruolo fondamentale nella nostra società. Ma fare il magistrato, incarnando un potere oggi rilevantissimo, molto più del passato, significa anche imporsi un self-restraint. Un concetto che ad alcuni sfugge”, hanno aggiunto.

La tesi dei laici di centrodestra era anche supportata da una sentenza Corte Costituzionale secondo cui la libera manifestazione del pensiero vale anche per i magistrati, al pari di ogni cittadino, ma che tale libertà non è "senza limiti". Di diverso avviso, però, la maggioranza del Plenum secondo cui le parole di Patarnello non hanno effetti sulla percezione dell’imparzialità dell’intero ordine giudiziario. Tesi a dir poco azzardata in quanto il cittadino comune, leggendo che un magistrato di Cassazione considera Giorgia Meloni “più pericolosa” di Berlusconi perché non ha inchieste giudiziarie a suo carico, difficilmente non può non dubitare della sua imparzialità.

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LEGITTIMITÀ
E quando poi scrive che bisogna «porre rimedio», è legittimo il sospetto che possa usare tutti i mezzi a sua disposizione per contrastare l’indirizzo politico del governo. Non tutti i togati, va comunque sottolineato, hanno difeso pancia a terra il collega. Edoardo Cilenti, esponente di Magistratura indipendente, il gruppo moderato delle toghe, ha posto l'accento proprio sull'obbligo del «riserbo» del giudice. «Il magistrato ha il dovere non solo di essere ma anche e soprattutto di apparire indipendente», ha ricordato la togata Bernadette Nicotra.

La polemica scatenata dalle frasi di Patarnello ha comunque avuto per il diretto interessato un risultato molto positivo: il magistrato è stato infatti votato con un plebiscito alle recenti elezioni per il rinnovo dei vertici dell'Associazione nazionale magistrati.

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