Nemmeno le toghe della Corte dei Conti credono a quello che i loro rappresentanti e l’opposizione dicono contro la riforma della Corte dei Conti. Se n’è accorta Paola Briguori, che dell’Associazione dei magistrati contabili (Amcc) è la presidente. Nei giorni scorsi ha organizzato un sondaggio tra gli iscritti. Domande: intendete aderire alle proteste che stiamo organizzando? In quale forma? I risultati sono stati poi diffusi nella chat interna, della quale Libero ha preso visione. Scoprendo che non c’è alcuna grande mobilitazione in arrivo: solo il 43% degli interessati intende scioperare, il resto non aderisce alla protesta o è disinteressato al punto da non rispondere. Nonostante una minoranza combattiva guidata dalla toga rossa Marcello Degni (che nel gennaio del 2024 fu messo sotto processo disciplinare per le sue frasi contro il governo) stia facendo di tutto per smuovere i colleghi: «L’attacco alla Corte è un tassello di un più generale attacco al sistema costituzionale...». Tutto questo perché alla Camera è in discussione il disegno di legge scritto dal deputato di Fdi Tommaso Foti, che l’ha depositato quando ancora non era ministro per gli Affari europei. Ieri l’aula ha bocciato le pregiudiziali di costituzionalità presentate da M5S, Avs e Pd. Lo scopo della riforma, spiega Foti nella relazione illustrativa, è far sparire la «paura della firma» che «affligge il funzionamento della pubblica amministrazione». La soluzione consiste nell’attribuire alla Corte dei conti «un nuovo ruolo di supporto agli amministratori pubblici, affinché questi possano trovare in via preventiva una concreta assistenza nell’articolata gestione delle risorse pubbliche e non debbano più rischiare di incorrere in processi per danno erariale, che troppo spesso, almeno nel 60 per cento dei casi, si concludono con l’assoluzione determinata dall’infondatezza delle accuse».
Secondo l’Associazione dei magistrati della Corte dei Conti, se questo testo fosse approvato produrrebbe «caos organizzativo, impoverimento e svuotamento delle funzioni» delle toghe. Stessa posizione dell’Anm, la quale ritiene deplorevole che la riforma introduca «il meccanismo automatico della buona fede», secondo cui «la buona fede è automatica ed estesa a tutte le decisioni, anche solo “vistate” dai tecnici». In certi casi, insomma, il principio costituzionale dell’innocenza sino a prova contraria non dovrebbe valere. Preoccupante, per il sindacato dei magistrati, anche il fatto che la riforma preveda condanne erariali più basse. La sinistra, ovviamente, è allineata su queste posizioni: il Pd sostiene che la norma è stata scritta «per proteggere l’attuale esecutivo dall’uso disinvolto dei fondi pubblici». Da qui, il tentativo di mobilitazione. Che lascia fredda, però, la maggioranza dei magistrati contabili: i risultati del sondaggio comunicati dalla presidente Briguori fotografano un disinteresse diffuso. Gli iscritti all’Amcc sono 489 e ad aver votato sono stati 327, il 67% dei chiamati in causa. Fanno sapere di voler aderire allo «sciopero reale» solo in 77, il 18% degli iscritti. In 134 (il 27%) scelgono la strada meno impegnativa dello «sciopero virtuale». Gli altri o avvertono che non vogliono aderire (il 18% degli iscritti) oppure si astengono (5,5%) o non votano (il 33% del totale), facendo capire così di non essere interessati alla protesta. Insieme, contrari e non votanti sono la maggioranza, il 57% degli iscritti. «Convocherò il direttivo straordinario per le ulteriori decisioni», avverte Briguori.
Giulia Bongiorno contro le toghe rosse: "La chat scolpita nel passato"
Secondo giorno del congresso federale della Lega, in attesa del voto che confermerà Matteo Salvini segretario del...Una mancanza generalizzata di entusiasmo che contrasta con la passione dei pochi impegnati a smuovere i colleghi. Come Luigi Caso, che fu capo dell’ufficio legislativo del ministro Cesare Damiano e capo di gabinetto del ministro Giuliano Poletti, ambedue piddini. «It ain’t over ’til it’s over», non è finita finché non è finita, scrive Caso nella chat. E come Degni, per il quale «l’allarme e la reazione nostra dovrebbe essere altissima» (sic), anche «per creare le condizioni per rimettere le cose a posto quando si modificherà il quadro politico di riferimento», cioè quando la sinistra tornerà al governo. «Resistere, resistere, resistere», allora.
«Chi non capisce che questo è il momento della lotta non conosce la nota poesia di Bertold Brecht sull’indifferenza», scrive Degni, animato dal fervore. Che fa gli commettere due errori in poche parole. Il primo è che il nome del suo idolo era Bertolt, con la “t”, il secondo che la «nota poesia sull’indifferenza» («Prima vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano... Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare»), non è di Brecht. L’attribuzione al drammaturgo tedesco è una bufala che gira a sinistra.
Un po’ come la Corte dei Conti che si mobilita in blocco per opporsi alla riforma, quando a scaldarsi è una minoranza di arrabbiati.