Albania, MD in trincea contro il governo

di Giovanni M. Jacobazzidomenica 30 marzo 2025
Albania, MD in trincea contro il governo
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 Il Consiglio dei ministri approva questa settimana un decreto che restringe le maglie in materia di immigrazione, accelerando le procedure di rimpatrio dei clandestini, e subito i giudici di Magistratura democratica salgono ancora una volta sulle barricate. 

Nel mirino delle toghe rosse, questa volta, la possibilità di inviare nella struttura di Gjader in Albania, realizzata a seguito del protocollo fra Roma e Tirana, gli immigrati in attesa di un provvedimento di espulsione e che sono attualmente ospitati in uno dei dieci Centri per il rimpatrio (Cpr) presenti sul territorio nazionale. In una intervista quanto mai tempestiva, rilasciata ieri al quotidiano La Repubblica, la giudice Silvia Albano, presidente di Md e componente della Sezione immigrazione del Tribunale di Roma, ha infatti già messo le mani avanti, dichiarando la propria ferma contrarietà al decreto. Perla magistrata, in particolare, il trasferimento dei migranti in Albania sarà “impossibile” senza il consenso dei diretti interessati.

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Il trasferimento dall’Italia all’Albania, secondo la toga, metterebbe a serio rischio il “diritto di difesa” e quello alla “salute” del migrante. Per la giudice, se lo straniero viene portato in Albania non potrà effettuare «colloqui in presenza con il difensore», con conseguente lesione dei principi costituzionali. La dottoressa Albano, però, evidentemente ignora che già oggi tutte le udienze di convalida dei trattenimenti ai fini dell’espulsione e quelle per i richiedenti asilo si tengono con collegamento a distanza. Il migrante, ammesso per legge al gratuito patrocinio, non si trova quasi mai in presenza davanti al giudice. Quando viene fermato dalle Forze di polizia, scatta l’accompagnamento in uno di questi Cpr dove con l’avvocato pianifica la strategia difensiva che gli possa permettere di rimanere sul territorio nazionale. Il diritto di difesa è granitico sul punto, prevedendo anche l'ausilio dell’interprete, sempre a spese del contribuente. Cosa cambia, allora, se il migrante è trattenuto nel Cpr di via Corelli a Milano o in quello di Gjader in Albania?

Ed anche per quanto riguarda la salute non ci sono e ne ci saranno controindicazioni. Prima di entrare in un Cpr i migranti vengono sempre sottoposti a visita medica e lo stesso è già avvenuto, nei mesi scorsi, per quelli soccorsi in mare che erano stati portati in Albania prima che i giudici si mettessero di traverso. La Sezione immigrazione del Tribunale di Roma, va ricordato, spalleggiata dai colleghi europei, ha affossato il protocollo Italia-Albania. Facendosi forza di una sentenza (a dir poco sorprendente) della Corte dell’Unione europea, aveva stabilito che non esistono Paesi «sicuri» dove poter rimpatriare i migranti. Era sufficiente che in qualche parte del loro territorio fossero compiute «discriminazioni» o «violazioni di diritti» per far scattare il diritto d’asilo. In attesa che la Corte di giustizia, a seguito del ricorso del governo, torni sull’argomento con un provvedimento più ragionevole, non resta che prepararsi alle prossime mosse delle toghe, sempre più l’unica vera opposizione al governo di Giorgia Meloni.

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