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Magistrati contro il capo Anm, lo sfogo di Cesare Parodi: "Non ci dormo la notte"

Brunella Bolloli e Giovanni M. Jacobazzi
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Una letterina piena di pathos è stata scritta da Cesare Parodi, neo presidente dell’Anm, ai colleghi magistrati per frenare la tensione tra gli iscritti. «So perfettamente che molti di Voi - la maggioranza, credo - nutrono dubbi sul mio operato e ancora di più sulle mie intenzioni», dice dopo le presentazioni ufficiali («perché da piccolo mi hanno insegnato che è buona educazione presentarsi e salutare, specie se si arriva in casa d’altri e non invitati»). «Sono qui per metterci la faccia, con chiarezza assoluta». A metà del testo si sfoga. «Aiutatemi», è l’appello di Parodi, «non dormo la notte - e non in senso metaforico - per una diversa e unica ragione: il timore concreto, costante di non riuscire a rappresentare tutti Voi. Siamo diretti verso un’unica meta. La riforma è globalmente non accettabile».

La missiva, circolata nelle chat dell’Anm, è un tentativo del neopresidente di stoppare le polemiche scaturite dopo l’apertura a un confronto con Giorgia Meloni. La sua colpa, secondo le toghe “rosse”, è quella di essere stato troppo tiepido con l’esecutivo, di avere caldeggiato un incontro con la premier senza averlo concordato con il resto della Giunta e, in sostanza, di non essersi professato subito in modo inequivocabile contrario alla riforma della Giustizia di Nordio.

Parodi nella missiva specifica di essere «da sempre ontologicamente contrario a questa riforma e ancora di più all’assoggettamento del pm al potere esecutivo. L’ho dichiarato da anni anche in dibattiti pubblici ai quali hanno chiesto politici ai quali posso chiedere di confermarlo», assicura. «Ne sono orgoglioso e oggi più che mai non ho cambiato idea». In chat si sarebbero scatenate le tifoserie: c’è chi gli dice «Cesare vai avanti siamo con te!», e chi invece mugugna. Nei giorni scorsi qualche esponente di Md avrebbe perfino insinuato un qualche accordo segreto tra Parodi e la presidente del Consiglio; una deduzione a cui le toghe più critiche sarebbero giunte per una ragione di tempi: troppo veloce la risposta positiva di Meloni.

 

In verità, il 62enne procuratore aggiunto di Torino, per sua stessa definizione «un uomo mite», ha spiegato subito di non essere d’accordo con la separazione delle carriere e di non avere alcuna intenzione di revocare lo sciopero indetto per il 27 febbraio dal precedente comitato direttivo dell’Anm. Tuttavia, un attimo dopo che la premier si è complimentata per la sua elezione e ha auspicato una collaborazione proficua, è partita la rivolta all’interno dell’associazione nazionale dei magistrati come noto divisa tra varie correnti e, per la maggior parte, contro l’esecutivo. Parodi, esponente di Magistratura Indipendente, la corrente più conservatrice delle toghe, quasi a sorpresa è riuscito ad arrivare al vertice pur non essendo la “prima scelta” di Mi, che aveva puntato sul procuratore messinese Antonio D’Amato, mentre le fazioni più a sinistra, Area e Magistratura democratica, proponevano il primo eletto della lista di Mi, Giuseppe Tango. Unicost era più attendista. Insomma, alla fine è spuntato il piemontese Parodi, in magistratura dal 1990, sempre a Torino, sposato con una giudice e dal 2017 diventato procuratore aggiunto con il compito di coordinare il pool fasce deboli, il folto gruppo di pm specializzato nel contrasto ai reati da codice rosso.

Una figura, quella di Cesare Parodi, notissima nel panorama della giustizia piemontese, meno avvezza invece al mondo romano e alla comunicazione politica. Sarà per questo che da Md ad Area è subito partita la fronda per attaccare il neopresidente, costretto a inviare la lettera in cui chiede collaborazione, fiducia e in cui auspica un accordo tra le varie correnti «pur restando ognuno con le proprie idee», ma noi tutti «amiamo la Costituzione sulla quale abbiamo giurato».

In questo clima di tensione tra le toghe, è difficile programmare un incontro con il governo e nella fattispecie con il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, verso il quale le opposizioni hanno appena annunciato una mozione di sfiducia per il caso Almasri, che sarà discussa il 25. Dalla Turchia dove si trova in missione, il Guardasigilli ha dichiarato di non essere a conoscenza dell’apertura di un’indagine a suo carico dal tribunale dei Ministri. Una notizia riportata dal Corriere e da Repubblica, ma di cui poco si sa a via Arenula.

 

E in un clima di grande tensione, la commissione per gli incarichi del Csm questa mattina è chiamata a scegliere il nuovo procuratore generale della Cassazione, il “super” pm d’Italia. Il candidato favorito è il calabrese Pietro Gaeta, già assistente di studio alla Corte costituzionale. Grande esperto di disciplinare, Gaeta è stato colui che ha chiesto ed ottenuto la rimozione di Luca Palamara dalla magistratura dopo lo scandalo delle nomine. Sul suo profilo ci sarebbe però la contrarietà dei laici di centrodestra. In passato, infatti, lo stesso Gaeta avrebbe cercato sponda in Palamara per ottenere una promozione. La circostanza era emersa dall’indagine di Perugia condotta da Raffaele Cantone.

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