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Firenze, il folle processo contro un prete: 4 anni di tribunale sanati con 26 centesimi di euro

Luca Puccini
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E dire che bastavano 26 centesimi. Che non fanno manco un caffè al banco, nemmeno un pacchetto di caramelle, un quotidiano costa sei volte tanto: con 26 centesimi, siamo onesti, non riesci neanche a sfilare un carrello nella colonna di quelli al parcheggio del super prima di fare la spesa. Che sono, oggi, anno domini 2025, 26 centesimi? La chiave per capire la storia (surreale) che segue sta proprio qui, nel calendario che indica l’anno nuovo e pure il ventunesimo secolo: perché se i guai, per don Giuliano Landini, che è il presidente dell’Istituto diocesano per il sostentamento del clero di Firenze, sono iniziati nel 2021 (e nel mezzo gli hanno contestato due presunti reati, lui è dovuto ricorrere a un avvocato e il tribunale sull’Arno è pure arrivato a sentenza), con quei 26 centesimi pagati a titolo di oblazione ha risolto, in pochi minuti, ogni cosa.

Nastro riavvolto, sennò non ci si capisce: quattro anni fa la polizia municipale va da don Giuliano e solleva alcune perplessità. Gli dice, in sostanza, che nel complesso residenziale di San Pancrazio, a San Casciano Val di Pesa, nell’hinterland fiorentino, c’è qualcosa che non torna. E non torna la realizzazione di un’opera edilizia in virtù della quale un tubo (diametro, preciso preciso: trenta centimetri) scaricherebbe acque private e reflui dentro un reticolo di altre acque che, però, sono pubbliche. $ questione da addetti ai lavori, implicata c’è anche un’altra persona (che altri non è che il titolare della ditta che ha posato il tubo) e si concentra su due piani: ’sto benedetto (per modo di dire) tubo e lo scarico in un reticolo dove non si può, non si fa.

E' un reato. Un antichissimo reato. Nel senso che è contemplato nientepopòdimenoche da un regio decreto (il numero 523) pensato, scritto e vidimato nel secolo scorso. Agli inizi del secolo scorso. Ossia nel 1904. Praticamente 121 anni fa.

Corsa in avanti nel tempo (a gennaio del 2025) e niente da fare, dura lex sed lex. Nel frattempo il procedimento va avanti. Legali, perizie, giudici, rinvii e udienze (solo la parte processuale dura un anno e mezzo). Arriva fino alla sentenza del tribunale di Firenze che, ora, da una parte proscioglie don Giuliano (e il secondo imputato) per il primo fatto, il tubo, perché non è previsto dalla legge, e dall’altra si arrende all’istituto dell’oblazione che è una sorta di compensazione: paghi una data somma allo Stato, una somma prestabilita secondo criteri puntuali, e la posizione a tuo carico si “estingue”. L’oblazione è, in sostanza, una sorta di depenalizzazione negoziata. Solo che qui la somma pattuita (quei famosi 26 centesimi, che non c’è nemmeno un bollo corrispondente) è l’adeguamento del massimo di pena prevista dalla normativa di inizio Novecento: mille lire di allora che fanno, appunto, 26 centesimi di adesso. Si è trattato di «una scelta tesa ad evitare anche un inutile contenzioso che avrebbe comportato ulteriore aggravio per il sistema della giustizia», rimarca l’avvocato di don Giuliano, il legale Gianluca Gambogi, sulle pagine del quotidiano La Nazione.

Tutti contenti, certo. Il religioso che, a conti (moderni) fatti se l’è cavata con poco pure considerando che 121 anni fa avrebbe rischiato cinque dì di carcere, il difensore che ha svolto il suo compito nel migliore dei modi e pure il sistema giustizia che s’è tolto dai faldoni un caso le cui pagine rischiavano di ingiallirsi un po’ troppo (non è ancora finita del tutto, sia chiaro: il giudice Paola Belsito che ha chiuso la questione in aula di fronte a don Giuliano ha trenta giorni di tempo per depositare le motivazioni della sua decisione. E olè). «Rimane da chiedersi se sia opportuno mantenere in vita delle norme che considerano rilevanti ai fini penali fatti di nessuna caratteristica criminosa e a tacer del fatto che la materia, quella dello scarico in acque pubbliche, oggi è di compensa regionale», chiosa Gamboni. Ma allora, nel 1904, non c’era neppure l’Italia come la conosciamo adesso, figuriamoci le regioni.

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