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Marco Patarnello, la toga che definì Meloni "pericolosa"? In corsa per la presidenza Anm

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L'Associazione Nazionale Magistrati (Anm) si appresta a votare i suoi nuovi vertici. Dal 26 al 28 gennaio, i magistrati di tutta Italia eleggeranno i 36 rappresentanti del comitato direttivo centrale dell’Anm, il cosiddetto “parlamentino” delle toghe. E quest’ultimo poi eleggerà i dieci membri della giunta esecutiva centrale, tra cui il presidente, che prenderà il posto di Giuseppe Santalucia, non ricandidato. Le correnti, tutte contrarie alla riforma costituzionale della separazione delle carriere voluta dal governo, hanno formalizzato i programmi e i propri i candidati. 

Tre i gruppi che si contenderanno i voti: quello conservatore rappresentato da Magistratura indipendente (Mi), il favorito; quello centrista di Unicost e quello della sinistra giudiziaria, a sua volta diviso in Area e Magistratura democratica (Md). MI, anche se ritenuta vicina al governo, ritiene comunque necessaria la “difesa dell’attuale assetto costituzionale della magistratura”.  Tra i suoi candidati, ci sarebbero Antonio D’Amato, capo della procura di Messina ed ex componente togato del Csm; Cesare Parodi, procuratore aggiunto a Torino; Giuseppe Tango, giudice del tribunale di Palermo; e Mariachiara Vanini, giudice del tribunale di Milano.

 

 

 

Nomi nuovi, invece, per il gruppo di Unicost: Monica Mastrandrea, giudice del tribunale di Torino; Marcello De Chiara, giudice del tribunale di Napoli; e Gaspare Sturzo della procura generale della Corte di cassazione. Area, poi, candida due componenti uscenti del comitato direttivo centrale: Rocco Maruotti, pm a Rieti; e Paola Cervo, giudice di sorveglianza a Napoli. Infine, ecco Magistratura democratica, che avrebbe candidato secondo il Foglio due toghe piuttosto divisive. Una di queste è Marco Patarnello, sostituto procuratore generale della Cassazione, nei mesi scorsi criticato per un messaggio inviato alla mailing list dell’Anm in cui definiva “l’attacco alla giurisdizione” condotto da Meloni più pericoloso di quello di Berlusconi, perché la premier non ha inchieste a suo carico. Il secondo nome è Emilio Sirianni, giudice della Corte d’appello di Catanzaro.

 

 

 

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