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La lezione di Nordio: ecco perché la certezza della pena non si negozia

Carlo Nordio

Corrado Ocone
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L’apertura della Porta Santa nel carcere di Rebibbia da parte del Santo Padre è stata un gesto altamente simbolico e significativo, che non poteva essere ignorato dalla politica. Così come sarebbe stato opportuno che esso non fosse strumentalizzato, come pure è avvenuto, da parte della sinistra. Se non altro per rispetto verso una figura come quella del Papa che ha come bussola di riferimento il trascendente e non le divisioni del mondo immanente. Ma quale migliore occasione, avranno pensato i nostri, per chiedere amnistia e indulto incondizionati a un governo che viene descritto come autoritario e che quindi non può non avere che una concezione punitiva e repressiva del potere? Per smascherare la malafede di questi garantisti filo-papisti dell’ultima ora, occorreva un intervento al più alto livello e di forte impronta liberale.

Il Ministro Carlo Nordio, che liberale e garantista vero è non da oggi, non si è sottratto e ha concesso una magistrale intervista al nostro giornale. Scomparse come d’incanto le vestali del laicismo che avevano segnato in altri momenti la storia patria, è toccato a Nordio ergersi a campione di quella laicità che è inscritta nel Dna della nostra Repubblica e che è caratteristica dei moderni Stati liberali. La laicità correttamente intesa si fonda su una rigorosa distinzione fra l’etica della convinzione, che è propria della Chiesa, e quella della responsabilità, a cui deve in prima istanza guardare la politica.

Non si tratta tanto di una astratta rivendicazione di prerogative da parte dello Stato laico, quanto piuttosto di un modo per garantire l’assoluta autonomia e libertà della Chiesa nell’ambito spirituale che le è più proprio. È un segno di attenzione e rispetto che Nordio ha ricalcato più volte nel corso dell’intervista. Egli ha sottolineato che il Papa guarda alle coscienze e chiunque, anche un laico, deve inchinarsi davanti a quello che è stato un vero e proprio “gesto evangelico”.

Lo Stato deve invece guardare necessariamente alla giustizia, la quale in un ordinamento liberale deve fondarsi su alcuni principi imprescindibili: certezza del diritto, presunzione di innocenza, proporzionalità della pena, dignità del detenuto. Lungi dall’essere intesa come punizione, tanto meno come vendetta, la pena deve tendere poi, secondo la nostra Costituzione, al reinserimento del detenuto nella società.

Ora è evidente che, alla luce di quello che è anche in senso logico il primo principio, la pena deve essere certa, sicura: è qui che si misura la forza di uno Stato democratico non sulla severità della punizione. Far passare un provvedimento generalizzato di amnistia e indulto, senza distinguere i singoli casi, minerebbe proprio questo principio e con esso la fiducia che i cittadini ripongono nelle istituzioni e che è la base del contratto che li lega allo Stato.
Certamente il sovraffollamento delle nostre carceri è un problema serio che non va sottovalutato, nonostante si tratti di una condizione comune anche ad altri Stati occidentali. Sgombrato tuttavia il terreno dal più insidioso e falso dei sillogismi, che cioè sia proprio il sovraffollamento la causa dei suicidi che si verificano in carcere, Nordio ha buon gioco a non fare di tutta l’erba un fascio e a individuare soluzioni nella drastica limitazione della carcerazione preventiva, nelle pene alternative, in un aiuto psicologico dato ai più fragili, in un incremento dell’edilizia penitenziaria. La stessa folta presenza in carcere di immigrati senza lavoro e domicilio non può essere elusa e va affrontata in modo laico, senza ideologismi, con una attenzione ai dati e alle situazioni. Non escludendo per loro soluzioni abitative diverse dal carcere in cui scontare la pena.

Insomma, il problema delle carceri va affrontato in modo strutturale non con le operazioni demagogiche e una tantum tanto care alla sinistra. Esse tradirebbero sia i cittadini sia i detenuti soprattutto quelli che meritano un trattamento diverso perché diverso è il loro caso o perché diverso è stato il loro comportamento in carcere. Insomma, il messaggio che ci manda Nordio è che certezza e umanizzazione della pena sono obiettivi che debbono e possono procedere di pari passo. E sudi essi convergeranno sicuramente tutti gli uomini di buona volontà, credenti o no che siano.

Tutto si può dire di Nordio non che non abbia visione. Che le resistenze degli apparati e gli ostacoli siano pure ancora tanti, è però elemento che non si può tacere.

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