La lezione del giudice al bamboccione: niente soldi da papà se non studi da anni
Non puoi fare il bamboccione a vita. Perché arriva il momento in cui tuo padre si stanca di pagarti studi che non completi e se lo denunci il giudice ti dà torto. Ecco una storia maturata a Bari, ma potrebbe accadere ovunque. Sulla scena principale una famiglia separata e una madre schierata col figlio contro il padre.
Il ragazzo voleva continuare a ricevere soldi per studi che disertava e i giudici in Cassazione hanno detto basta.
Con lo stop agli alimenti per il figlio, visto che il ragazzo si trova in un’età «pienamente adulta» e quindi non può essere eccepito nessun ostacolo personale al raggiungimento “dell’autosufficienza economico reddituale”. Anche se il giovane rivendica appunto i quattrini necessari al completamento del percorso di studi.
Il giovanotto ha 30 anni e addirittura dal 2017 non sostiene più esami presso il suo dipartimento di riferimento. Lo studente e sua madre chiamarono l’avvocato nel momento in cui si era interrotto il flusso di denaro, a causa del rendimento del figlio, arrivato al settimo anno fuori corso di una laurea triennale. Un po’ troppo, in effetti. Una decisione, quella di interrompere i contributi stabiliti in occasione del divorzio, che secondo la mamma dello studente avrebbe impedito al figlio di portare avanti il percorso accademico.
Eppure il padre aveva fatto per lungo tempo il suo dovere. Il Tribunale e i giudici di appello di Bari avevano infatti sottolineato che «al 2017, il genitore aveva corrisposto con continuità il mantenimento ordinario al figlio, comprese le tasse universitarie, rientranti nel 70% delle spese straordinarie poste a suo carico». E nonostante questo, mamma e figlio ricorrevano in Cassazione. Perdendo la causa anche in terzo grado. Nel dispositivo si legge che «il padre aveva continuato a versare il mantenimento ordinario di 600 euro mensili, come previsto nelle statuizioni del divorzio». Poi l’addio al percorso di studi e la conseguente interruzione dei versamenti mensili. Secondo i giudici del terzo grado di giudizio, il mancato completamento degli studi sarebbe da ricercare in una condizione di «inerzia colpevole».
Infatti, lo studente fuori corso era iscritto a un corso di laurea triennale in giurisprudenza dal 2009 ma aveva smesso di applicarsi e di presentarsi agli esami, praticamente abbandonando il percorso universitario, da tempo.
Considerando l'età avanzata dello studente e i molti anni trascorsi dall'iscrizione, la Cassazione - come i giudici di secondo grado - ha considerato che il mancato completamento degli studi fosse attribuibile appunto a una condizione di «inerzia colpevole». I magistrati hanno specificato che «gli ostacoli personali al raggiungimento dell’autosufficienza economico reddituale, in una fase di vita da qualificarsi pienamente adulta sotto il profilo anagrafico, devono venire puntualmente allegati e provati, se collocati all’interno di un percorso di vita caratterizzato da mancanza d’iniziativa e d’impegno verso un obiettivo prescelto». E ancora: «Deve escludersi che il pagamento delle tasse universitarie dovesse avere una durata illimitata, a fronte del mancato perseguimento di un risultato che doveva attendersi sin dal 2012, stante il pagamento delle tasse sino al 2017». E quindi gli hanno detto si accomodi... Caro ragazzo, se non ti impegni, tuo padre non ha alcun dovere di mantenerti alla tua età. Amen.