Immigrazione, Cassazione: "Paesi sicuri, può decidere anche il giudice ma non sostituisce il ministro"
I giudici di Cassazione con una sentenza pubblicata oggi, giovedì 19 dicembre, hanno messo in chiaro alcuni punti sulla diatriba che definisce i Paesi sicuri. I giudici possono valutare se un Paese sicuro per un richiedente asilo lo è davvero e possono “disapplicare” i decreti sui Paesi sicuri, se ci sono ragioni che minano l’incolumità di chi cerca protezione internazionale.
Queste le parole dei giudici di Cassazione che si esprimono su un caso antecedente al decreto del governo: "Il giudice può valutare la sussistenza dei presupposti di legittimità di tale designazione, ed eventualmente disapplicare in via incidentale il decreto ministeriale recante la lista dei paesi di origine sicuri allorché la designazione operata dall’autorità governativa contrasti in modo manifesto con i criteri di qualificazione stabiliti dalla normativa europea o nazionale".
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E ancora: "Il richiedente abbia adeguatamente dedotto l’insicurezza nelle circostanze specifiche in cui egli si trova, la valutazione governativa circa la natura sicura del paese di origine non è decisiva, sicché non si pone un problema di disapplicazione del decreto ministeriale". Ma in questo verdetto della Cassazione manca un tassello che è sopraggiunto dopo e che sottolinea quanto sia politico l'indirizzo sulla definizione di paese sicuro. Solo qualche giorno fa il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen ha usato parole chiare per definire la road map di Bruxelles sulla gestione de flussi migratori. I due punti messi a fuoco dalla von der Leyen sono l'accelerazione su un provvedimento europeo sui Paesi sicuri che potrebbe disinnescare il rinvio dei giudici alla Corte Ue e la costruzione di altri centri di accoglienza in territori extra Ue, come nel caso dell'Albania per l'Italia.