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Migranti, il vicepresidente del Csm, Pinelli, scuote le toghe: "La legge non può essere superata dal diritto Ue"

 Toghe

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"In nome di pretese interpretazioni conformi alla Costituzione e al diritto dell’Unione europea il testo della legge non può essere superato, e non possono non essere rispettati i vincoli che lo stesso impone al giudice". A dirlo chiaro e tondo è il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura. Fabio Pinelli, intervenuto durante un convegno sul "principio di legalità nell’età del costituzionalismo multilivello" - organizzato a Firenze dalla Corte dei Conti - ha preso le difese del governo in quello che è un vero e proprio braccio di ferro con la magistratura.

Al centro la gestione dei migranti e gli hub in Albania. A riguardo i giudici dell’immigrazione hanno disapplicato le norme del governo per contrarietà al diritto dell’Unione europea. Eppure, spiega Pinelli, "non si dica, per carità, che in base all’articolo 101 della Costituzione, il giudice è soggetto 'solo' alla Costituzione. Il costituente parla chiaramente di 'legge', non di 'Costituzione' e non c’è argomentazione seria che tenga per poter superare un dato testuale inequivoco e fondamentale per la tenuta degli equilibri dello Stato democratico".

 

 

Non solo, perché quelle decisioni causano "in modo progressivo e inconsapevole la costituzione di un sistema ibrido, frutto di contaminazioni senza regole e confini definiti tra diritto positivo e diritto giurisprudenziale". Alla legge, afferma, non può "essere attribuito un significato che esprima le soggettive valutazioni valoriali e dunque anche politiche del giudice che lo applica". E "il principio costituzionale di soggezione del giudice della legge" non può "liquefarsi in un semplice uso del testo per promuovere la propria personale e soggettiva affermazione dei valori costituzionali che si intenda far prevalere”, aggiunge. Poi lancia una sorta di chiamata alle armi per contrastare il presunto strabordamento della magistratura: “Ciascuno di noi è tenuto a profondere un impegno straordinario, perché l’obiettivo è la salvaguardia degli equilibri istituzionali e delle stesse garanzie di autonomia e indipendenza dei giudici: esse si fondano su una legittimazione tecnico-professionale dei magistrati e non su una legittimazione rappresentativa", che invece "spetta solo all’autorità politica. Non è più una questione di diritto, ma una urgente questione di salute della nostra democrazia: la necessità di rimettere a fuoco e in equilibrio, con una visione dall’alto, non affetta da strabismo, il principio costituzionale della separazione dei poteri".

 

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