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Silvia Albano, la toga anti-Meloni era iscritta al Pci: ecco le foto

Simone Di Meo
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Non sappiamo se quest’articolo supererà il vaglio di gradimento dell’Associazione nazionale magistrati che, qualche giorno fa, ha diramato una durissima nota per richiamare all’ordine i giornalisti abituati a «scrutare la vita» delle toghe e a riportare le «loro vicende intime, del tutto prive di rilevanza pubblica», in spregio all’«etica giornalistica». Intendiamo tuttavia rilasciare da subito piena e genuina confessione: le notizie che stiamo per raccontare non sono puro esercizio di voyeurismo, ma si innestano nel clima di scontro rovente tra magistratura e politica. Rappresentano uno spaccato dell’attualità, una finestra sulla cronaca del Paese, oltre che un modo per tentare di leggere la realtà che ci circonda.

MESSAGGI E IMBARAZZI
Quando, ad esempio, Elon Musk critica i giudici pro migranti («Se ne devono andare», tuona su X), costringendo addirittura Sergio Mattarella a intervenire a difesa della nostra sovranità giurisdizionale («L’Italia sa badare a se stessa»), è a nostro avviso interessante raccontare come uno dei magistrati in prima linea del fronte progressista, la presidente di Md, Silvia Albano, abbia frettolosamente cancellato dal suo profilo Facebook un fotomontaggio raffigurante la Statua della Libertà che si copre il volto, presumibilmente per la vergogna o la disperazione a seguito della vittoria di Donald Trump alle ultime presidenziali americane. Una immagine che è sparita subito dopo l’affondo del capo dello Stato contro il tycoon di Tesla e di Starlink e che, tuttavia, ha sollevato più di qualche dubbio in alcune chat di togati. Coincidenza? Imbarazzo? Chissà.

Il profilo social della Albano, protagonista del primo colpo di piccone al decreto Albania per il trasferimento fuori confine dei migranti irregolari deciso dal Governo Meloni, svela – nel rispetto della privacy della titolare, che è e resta un personaggio pubblico per il ruolo ricoperto e per lo spazio che si è ritagliato nel dibattito nazionale – un pezzo della sua vita che vale la pena rievocare, anche solo per ricostruirne il profilo.

Tra le immagini salvate sul «diario», infatti, c’è un vecchio scatto risalente agli inizi degli anni Novanta che la vede giovane ed entusiasta militante del gruppo direttivo dei Giovani comunisti in occasione di un seminario ad Ariccia, in provincia di Roma. Insieme a lei si riconoscono (non senza difficoltà, considerato il tempo che passa): Gianni Cuperlo, Stefania Pezzopane, Nicola Oddati e Andrea Cozzolino oltre ad un’altra mezza dozzina di amici di stretto rito berlingueriano. Cozzolino è l’ex eurodeputato del Partito democratico arrestato per lo scandalo Qatargate un anno fa per una supposta corruzione di cui i magistrati belgi non sono mai riusciti, però, a dimostrare i contorni e che, pertanto, potrebbe sfociare in una probabile archiviazione.

Oddati è stato invece il capo delle Agorà democratiche per conto di Nicola Zingaretti segretario dei dem, ed è stato pure lui sottoposto agli arresti domiciliari: attualmente si trova sotto processo per presunte mazzette ricevute da un imprenditore in cambio di un interessamento per appetibili appalti in Campania. La foto (pubblicata addirittura nel 2013) ha scatenato una lunga sequenza di ricordi e battute dei «compagni» della Albano (è lei ad appellarli proprio così) e della stessa presidente di Magistratura democratica. Che, pensando a quei tempi, commenta: «[...] Eravamo davvero una bella squadra, lo dimostra il fatto che la passione di allora ci anima ancora». Scorrendo Facebook, in epoca più recente, ci siamo imbattuti in una immagine temporanea del profilo della Albano (luglio 2021) che recita: «Stop accordi con la Libia». Ancor prima (maggio 2020), il social aveva registrato una sua donazione per una raccolta fondi per la ong Mediterranea Saving Humans.

 

 

 

LA COLLETTA PER MSF
Mentre è del dicembre 2019 la colletta che la giudice del tribunale di Roma aveva promosso a favore di Medici senza frontiere, altra organizzazione no profit particolarmente attiva nel recupero dei migranti nel mar Mediterraneo. Curiosità: tra i nove donatori che rispondono al suo appello troviamo Anna Cane pa, ex segretario di Md, oggi in forza alla Procura nazionale antimafia, che aveva rischiato il trasferimento per alcune disinvolte chat con Luca Palamara allorquando si era interessata alla nomina del capo della Procura di Savona (bollando come due «banditi» i colleghi concorrenti) e per l’aggiunto della Dna.

«Ti chiedo di provarci», aveva scritto la donna all’ex consigliere del Csm. E lui: «Lo farò fino all’ultimo». E lei di rimando lo aveva spronato a intervenire su «quelle pecore che stanno al Csm». Lo stesso Consiglio superiore della Magistratura che, due anni fa, si è spaccato per salvarla. Significa questo «scrutare nella vita» di una toga con occhio morboso? All’Anm l’ardua sentenza. La nostra unica attenuante è una frase della stessa Silvia Albano che, sotto la foto dei giovani comunisti, ha annotato: «[...] temo che il mio profilo Fb prima o poi finisca sui giornali...». Già.

 

 

 

 

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