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Santalucia, toga a Tagadà? Lega furiosa: "Speriamo trovi il tempo per lavorare"

Fabio Rubini
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 Il duello Anm-Lega non conosce tregua. Ogni giorno una puntata. Quella di ieri ha - ancora una volta come protagonista il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia, che ha colto l’occasione dell’ennesima ospitata televisiva per attaccare il leader della Lega “reo” di aver criticato le posizione dell’Anm sul tema dell’immigrazione. Quello di Salvini, spiega a Tagadà, su La7, il magistrato «è un modo per rappresentare la magistratura in modo fazioso ed antitaliano: da un lato il governo che fa il bene del Paese dall’altro i magistrati che sono i nemici. Noi - prosegue Santalucia non siamo chiamati a completare il lavoro del governo: o si accetta questo o non ci si intenderà mai. Il magistrato non è lì per cooperare con il governo, certo - si corregge il magistrato - non per andare contro il governo, ma per far rispettare i diritti delle persone».

Prima di proseguire, anche per maggiore chiarezza, proviamo a riassumere gli ultimi scontri tra l’esecutivo e una parte delle toghe tutte o quasi iscritte a Magistratura democratica, la corrente “rossa” dei giudici. Tutto ha inizio all’indomani dei primi arrivi di clandestini nel campo in Albania. Alcuni giudici del tribunale di Roma impugnano il decreto del governo e non convalidano i fermi dei migranti, ordinando il loro ritorno immediato in Italia. I giudici giustificano il loro provvedimento con l’applicazione di una norma europea (versione contestata da molti giuristi) che stabilisce i criteri per stabilire quali siano i Paesi sicuri in cui poter rimpatriare i migranti clandestini. Il governo risponde con un nuovo decreto che delinea quali siano i Paesi sicuri ribadendo la prerogativa - stabilita anche da norme europee- dei singoli Stati membri di decidere quali siano i Paesi sicuri e quelli no. In tutta risposta altri magistrati del tribunale di Bologna impugnano alla Corte europea anche questo secondo decreto, creando una sorta di loop senza fine. Con tanto di polemiche. In particolare è la Lega a rispondere per le rime.

 

 

 

Salvini, rivolgendosi ai magistrati di Bologna, tuona: «È l’ennesima decisione anti-italiana. Se qualche giudice - per fortuna solo una piccola minoranza - si sente comunista, si tolga la toga e si candidi alle elezioni, ma lasci che il governo e la politica portino avanti il programma scelto democraticamente dai cittadini».

Da qui la replica di Santalucia, che a La7 ne ha per tutti, anche per noi: «Lunedì sarò a Bologna per un’assemblea straordinaria che testimonia il clima d’inquietudine per questo modo di fare della politica, dei media che sono intorno all’attuale maggioranza di governo che priva di serenità il lavoro dei magistrati: non si può far nulla che si è etichettati ex post come magistrati politicizzati. Fai un provvedimento che non piace e diventi “rosso” e questo è inaccettabile». E ancora, secondo Santalucia: «C’è una insofferenza dichiarata nei confronti di un potere che non risponde alle direttive del governo.
Questo non è possibile penetri nell’opinione pubblica perché i magistrati non fanno quello: non sono il braccio esecutivo del governo».

Alle parole di Santalucia ha nuovamente replicato la Lega con una nota stringata, ma che ribadisce un concetto espresso già parecchie volte nel recente passato: «Ennesimo comizio televisivo del presidente dell’Anm, su una delle reti di riferimento della sinistra. Rinnoviamo l’auspicio che i magistrati si ritaglino del tempo anche per lavorare».

 

 

 

In realtà quello che si fatica a capire è perché le decisioni politiche possano essere tema di discussione di una parte della magistratura, mentre la politica non possa fare lo stesso con quelle della magistratura. Mistero. C’è poi un altro tema che andrebbe sollevato. Quando si leggono intercettazioni, come quelle di Palamara, in cui si dice:«Salvini ha ragione, ma dobbiamo attaccarlo» e poi, nonostante una richiesta di archiviazione, il leader della Lega finisca a processo per aver fermato l’immigrazione in modo analogo a quanto fatto solo alcune settimane dopo dal ministro Lamorgese che, a differenza di Salvini non è finita sul banco degli imputati; beh, qualche dubbio, lecitamente, lo pone. Senza dimenticare il numero indefinito di inchieste contro la Lega per i presunti fondi russi, tutte finite in altrettanto buchi nell’acqua, con tanto di archiviazione. Ecco, nel pieno rispetto dell’indipendenza della magistratura, è logico che mettendo in fila tutte queste cose, agli italiani un po’ di sfiducia nella magistratura possa anche affiorare.

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