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Dl Paesi sicuri, le toghe del "no": "Il richiamo a Hitler c'è, ma il nostro ricorso è tecnico"

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Il passaggio sulla Germania nazista c'è, ma è stato strumentalizzato da media e politici. È questo il sunto del discorso dei tre giudici di Bologna che hanno rinviato il decreto Paesi sicuri alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea. "Nel riportare il contenuto del provvedimento, la stampa ha evidenziato un preteso intento 'impugnatorio' del recente dl del 23 ottobre 2024 ed ha sottolineato un passaggio a effetto sulle condizioni di sicurezza durante regime nazista", attaccano su un giornale specializzato online, Giustiziainsieme, piattaforma di confronto tra magistrati e avvocati progressisti.

Eppure la richiesta di rinvio, con tanto di passaggio incriminato, parlava chiaro: "Si potrebbe dire, paradossalmente, che la Germania sotto il regime nazista era un paese estremamente sicuro per la stragrande maggioranza della popolazione tedesca: fatti salvi gli ebrei, gli omosessuali, gli oppositori politici, le persone di etnia rom ed altri gruppi minoritari, oltre 60 milioni di tedeschi vantavano una condizione di sicurezza invidiabile. Lo stesso può dirsi dell’Italia sotto il regime fascista. Se si dovesse ritenere sicuro un Paese quando la sicurezza è garantita alla generalità della popolazione, la nozione giuridica di Paese di origine sicuro si potrebbe applicare a pressoché tutti i Paesi del mondo, e sarebbe, dunque, una nozione priva di qualsiasi consistenza giuridica". 

 

 

Ma le tre toghe se la prendono in particolare con "alcuni esponenti politici, i ministri degli Esteri e dell'Interno, chiamati a commentare l'ordinanza in un momento in cui il testo non era ancora pubblico, hanno criticato una pretesa fuga dagli stretti limiti della giurisdizione". Ad Antonio Tajani e Matteo Piantedosi i giudici vogliono chiarire che "la lettura dell'ordinanza attesta la chiara volontà, dato atto di un conflitto interpretativo innegabile, di trovare una soluzione razionale a tale conflitto attraverso il ricorso alla Autorità istituzionalmente preposta ad assicurare uniformità di interpretazione del diritto europeo". Insomma, i tre giudici di Bologna ritengono di essersi mossi legittimamente. D'altronde, "il richiamo a Hitler c'è, ma il nostro ricorso è tecnico". 

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