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Dossieraggio, uno degli spioni forniva i sistemi per le intercettazioni alla Procura di Milano

Giovanni M. Jacobazzi
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Equalize, la società di investigazioni al centro dello scandalo “dossieraggi” e di cui l’ex ispettore della polizia Carmine Gallo era il dominus indiscusso, si avvaleva dei servizi offerti dall’ingegnere Gabriele Pecoraro, chief innovation officer di Bitcorp, azienda specializzata nelle intercettazioni telefoniche e fornitrice della Procura di Milano.

Fra le migliaia di carte dell’inchiesta condotta dal pm Francesco De Tommasi è emersa anche questa incredibile circostanza. Pegoraro, nato nel 1976 a Vicenza, è un professionista molto conosciuto fra le Forze di polizia con cui ha collaborato diverse volte in importanti attività investigative, anche antiterroristiche. Attualmente è uno dei più abili hacker ed esperti informatici “disponibili” sulla scena italiana.

 

 

 

RUOLO DI PRIMO PIANO

Il ruolo di primo piano di Pegoraro all’interno di Bitcorp aveva subito fatto balzare sulla sedia gli investigatori in quanto l’ingegnere effettuava le stesse operazioni, ad esempio le copie di dispositivi telefonici, sia per Equalize che per la Procura di Milano. Gli inquirenti avevano scoperto questo “doppio ruolo” di Pegoraro ascoltando una conversazione di Nunzio Calamucci, l’esperto informatico di fiducia di Gallo, nella quale egli si vantava di poter avere nella sua squadra persone che svolgevano intercettazioni mediante trojan con lo stesso metodo con cui le eseguivano per la Procura.

L’ingegnere vicentino era uno dei soggetti di cui il gruppo di Gallo si avvaleva essenzialmente per l’esecuzione abusiva ed illecita di intercettazioni, oltre alla estrapolazione di comunicazioni e conversazioni sia telefoniche che telematiche. La Procura di Milano ne aveva anche chiesto l’arresto, non accolto dal gip. Sul conto di Pegoraro risultano alcuni precedenti di polizia (lesioni personali stradali, sostituzione di persona e truffa, segnalata nel 2009 dalla Polizia postale di Rimini, falsità ideologica e materiale commessa dal privato segnalata nel 2017). Per descrivere le capacità tecniche di Pegoraro è utile però riportare le parole con cui si presentava sul sito della società: «L’anima creativa del team tra genio e sregolatezza.

 

 

 

Ingegnere elettronico “old school” ha operato trasversalmente nel corso degli anni spaziando dal settore bancario a quello delle telecomunicazioni, video streaming, finanza e aerospaziale. Ha invertito la notte per il giorno ed è appassionato di missioni impossibili».

Ieri il suo nome è scomparso dall’home page di Bitcorp, società fondata da due ex marescialli dell’Arma dei carabinieri, Christian Fabio Persurich e Gianluca Tirozzi, con sede operativa a Milano in via Carlo Freguglia numero 10, proprio di fianco al Palazzo di giustizia. Bitcorp vanta capacità “cyber”, nel senso che offre prodotti e strategie operative per la difesa delle infrastrutture cibernetiche e per penetrare tali infrastrutture al fine di ricercarne le vulnerabilità.

«Bitcorp nasce come soluzione avanzata di sicurezza perla Pubblica Amministrazione e per le aziende. Un laboratorio di intelligence creativa capace di interpretare i singoli bisogni e fornire le soluzioni più adeguate sia di natura offensiva e che difensiva prevalentemente in ambito IT e non solo», si legge sul sito. Solo dalla Procura di Milano nell’ultimo periodo Bitcorp ha incassato quasi un milione di euro.

 

LE INDAGINI

Sul fronte dell’inchiesta, invece, l’ufficio giudiziario diretto da Marcello Viola ha presentato ricorso al Tribunale del Riesame per chiedere tredici misure cautelari in carcere per gli indagati, ad iniziare da Gallo e Calamucci, finiti ai domiciliari. La Procura è convinta che il giudice Fabrizio Filice sia stato troppo “morbido” nei loro confronti, a fronte della mole di indizi depositati.

Quanto a Enrico Pazzali, coinvolto nell’inchiesta sui dossieraggi, si è auto-sospeso dal ruolo di presidente della Fondazione Fiera Milano. In ambienti giudiziari si fa notare come siano ancora molti i passi da compiere per completare il quadro dell’inchiesta e che saranno ascoltate «moltissime persone» per delinearlo meglio. Ed è tutto da approfondire il fronte estero degli accertamenti che ha portato al sequestro di un server lituano. Ieri, comunque, è iniziata l’analisi dei documenti e dei file sequestrati.

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