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Marco Patarnello, anche l'Anm contro la toga. E Carlo Nordio valuta l'invio degli ispettori

Tommaso Montesano
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Prima è conciliante: «Ritengo che non esistano margini per un’azione disciplinare contro Marco Patarnello». Poi, intervistato da SkyTg24, è più duro: «Non c’è nessun pericolo, il termine “pericolosa” non è assolutamente adeguato. L’affermazione di Patarnello si presta a equivoci». Nel giorno in cui il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ipotizza «l’esercizio dei poteri ispettivi» nei confronti del magistrato autore della mail sul governo Meloni «molto più pericoloso e insidioso» di quello di Silvio Berlusconi sul “dossier giustizia” (mail del 19 ottobre scorso), il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, corregge il tiro sul collega finito nella bufera. Succede, infatti, che intervistato dal quotidiano La Stampa, il numero uno del “sindacato” delle toghe si esibisca nella più classica delle difese corporative: «C’è stata una lettura maliziosa delle sue parole per fargli dire cose che in realtà non ha detto». Patarnello, aggiunge, ha «scritto una mail che non ha alcun contenuto offensivo».

Passa qualche ora, però, e Santalucia innesta - seppur parzialmente - la retromarcia. Il presidente dell’Anm riconosce che quel passaggio sull’azione dell’esecutivo Meloni «molto più pericolosa», per la categoria, di quella messa in piedi dai governi Berlusconi, non è stato opportuno. Una valutazione che, con qualche giorno di ritardo, accoglie i rilievi della componente più moderata dell’Anm, ovvero Magistratura indipendente, che un paio di giorni fa aveva censurato l’uscita di Patarnello. Un cambio di passo, quello di Santalucia, che non è sfuggito al deputato della Lega, ed ex magistrato, Simonetta Matone, secondo cui Santalucia «sconfessa il suo iscritto Patarnello e dice che ha usato un termine “inadeguato”».

 

 

 

L’OFFENSIVA DI FDI
Per il magistrato le brutte notizie non finiscono qui. Alla Camera, infatti, va in scena il question time. E uno dei protagonisti è il Guardasigilli. Nordio risponde a un’interrogazione del gruppo di Fratelli d’Italia, illustrata in Aula da Carolina Varchi, che denuncia l’«intenzione sovversiva» contenuta nella mail di Patarnello: «Signor ministro, secondo lei è normale che in Italia un magistrato, un esponente del potere giudiziario, usi questi termini nei confronti del Presidente del consiglio?».

La censura di Nordio - che in quanto ministro detiene il potere di ispezione anche ai fini disciplinari - è netta: «La lettera desta non poco stupore e, come ex magistrato, desta anche un certo dolore». Il ministro della Giustizia cita, in particolare, il passaggio in cui Patarnello accenna alla necessità di «porre rimedio» alla situazione attuale - espressione, tuttavia, che nella versione integrale della lettera sembra riferita alle divisioni e all’isolamento della magistratura -, frase che per Nordio è «di una gravità da prendere in considerazione».

Alla Camera, Nordio ricorda alle toghe che «la presidente Meloni è stata eletta dal popolo e il compito del giudice è soltanto quello di applicare la legge, tanto meno quello di porre rimedio al risultato della volontà popolare». Nel solco di quanto affermato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il Guardasigilli ribadisce che «è necessario che ogni istituzione collabori secondo il proprio mandato costituzionale anche nella diversità di opinioni e di divisioni».

 

 

 

LE CONSEGUENZE
L’aspetto più insidioso - per Patarnello - dell’intervento di Nordio arriva alla fine. Quando il Guardasigilli ricorda la perdita di popolarità delle toghe: «Quando io sono entrato in magistratura nel 1976, la magistratura godeva del consenso di oltre l’80% dei cittadini italiani, pari e qualche volta superiore addirittura a quello della Chiesa cattolica; oggi è precipitato». Sottinteso: anche a causa di comportamenti discutibili come quelli di Patarnello. Proprio per questo, il ministro della Giustizia annuncia che «la vicenda è al vaglio» degli uffici di via Arenula «perla verifica dei presupposti per l’esercizio dei poteri ispettivi che la legge riserva al ministro della Giustizia». Poteri ispettivi che includono il diritto di formulare anche «le proposte circa i provvedimenti da adottare» dal punto di vista disciplinare.

 

 

 

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