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Magistratura democratica, il manifesto delle toghe rosse: "Libertà per tutti i migranti"

Tommaso Montesano
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La copertina già dice tutto: la scritta «no one is illegal» - nessuno è illegale - su un muro altrimenti candido, con annessa stella a cinque punte. Lo slogan non potrebbe rappresentare meglio il contenuto del volume «Immigrazione in Europa e diritti fondamentali. Quale progetto per la prossima legislatura europea?», pubblicato lo scorso mese di luglio da Questione giustizia, la rivista trimestrale di Magistratura democratica, la corrente progressista dell’Associazione nazionale magistrati cui fanno parte le toghe del momento: Silvia Albano, una delle firmatarie della sentenza con la quale il tribunale civile di Roma non ha convalidato il trattenimento dei migranti in Albania, e Marco Patarnello, l’autore della mail anti-Meloni.

Il direttore è Nello Rossi, esponente di punta di Md, ex magistrato, habitué delle interviste in cui critica ogni mossa del Guardasigilli, Carlo Nordio. Il volume raccoglie gli atti della conferenza andata in scena il precedente 12 aprile all’università di Roma Tre e organizzata da Medel, ovvero i Magistrats européens pour la démocratie et les libertés, la sigla che riunisce le “toghe rosse” europee. Un evento cui parteciparono, in collegamento, anche gli esponenti di sinistra Elisabetta Piccolotti (Avs), Pierfrancesco Majorino (Pd) e Massimiliano Smeriglio (ex Pd, poi passato anche lui con Avs).

 

RISORSE, NON UN PROBLEMA
La manifestazione si svolse alla vigilia delle elezioni europee e rappresenta, di fatto, il manifesto programmatico sull’immigrazione di uno spezzone rappresentativo della magistratura italiana. E letti oggi, alcuni estratti suonano profetici alla luce del conflitto che si è aperto tra governo e magistratura proprio sull’immigrazione. La critica del “modello securitario” imposto dall’Unione europea- anche su impulso dell’Italia targata centrodestra - è il filo conduttore dei lavori. Ad esempio, nel modulo “L’immigrazione come fenomeno giuridico-sociale”, affidato a Franco Ippolito- ex presidente di sezione in corte di Cassazione, ex segretario generale dell’Anm - c’è un attacco ad una Unione che «persevera – come ha fatto nell’ultimo quindicennio – nel ritenere l’immigrazione non già una preziosa risorsa da governare e regolare, ma un fattore di pericolo e di rischio per i confini e per l’ordine pubblico».

 

L’esponente di Md accusa Bruxelles di aver approvato misure connotate «dalla stessa impronta securitaria che, negli ultimi decenni, ha trasfigurato il volto dell’Europa in una fortezza». Con il Mediterraneo diventato, «da crocevia di civilità», un «immenso cimitero». E la responsabilità è anche del governo italiano, che «si ostina a ritenere affidabile le autorità libiche contro la realtà ben conosciuta e dichiarata» dell’Onu.

 

 

Nel capitolo successivo, un appello «Per la libertà di movimento», il relatore chiede addirittura «l’abrogazione del reato di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare»; «l’abolizione della detenzione amministrativa dei migranti» e, tanto per gradire, una rivoluzione sul fronte della concessione della cittadinanza. Porti aperti per tutti, insomma. L’idea di Md, anche in questo caso, è quella di far soccombere le autorità nazionali di fronte alle istituzioni europee: «Allargare l’accesso alla cittadinanza europea è l’unica vera base per costruire un’Europa politica». Non può essere più chiaro dove le toghe vogliano andare a parare: «Svincolare l’accesso alla cittadinanza europea da quella nazionale, e affermare che ogni bambina e bambino nati o cresciuti in Europa hanno diritto alla cittadinanza». Naturalmente uno spazio significativo lo occupa l’intesa italo-albanese, siglata nel novembre del 2023 e sviscerata in lungo e in largo dagli specialisti di Magistratura democratica. In cinque pagine, all’interno del capitolo “Così fallisce il Patto europeo sulla migrazione e l’asilo”, Md elenca i «problemi pratici», i «problemi etici» e i «problemi giuridici» di cui è permeato il protocollo Italia-Albania.

L’AVVISO
C’è anche un profetico avvertimento all’Italia: «Dovrà fare attenzione affinché ciò (il protocollo, ndr) non porti a un contenzioso di fronte alla Corte europea - come accaduto in precedenza - che finirebbe per rovinare questo piano». Nelle conclusioni dei lavori, «l’esternalizzazione in Paesi terzi delle domande di asilo» come appunto prevede l’intesa con l’Albania - è accusata di comprimere «il fondamentale diritto a un’equa valutazione delle domande di protezione internazionale», oltre che a ledere «i diritti di chi è confinato in centri di detenzione in quei Paesi». Sei mesi dopo, grazie alla pronuncia della Corte di giustizia Ue, quelli che erano semplici avvisi sono diventati i paletti di un’offensiva anti-governativa a colpi di sentenze.

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