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Marco Patarnello, Csm in rivolta: "Magistrati danneggiati, venga trasferito"

Giovanni M. Jacobazzi
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Marco Patarnello deve essere trasferito e le sue esternazioni, ad oggi non smentite, valutate disciplinarmente. Lo affermano i laici del Csm, Felice Giuffré, Isabella Bertolini, Daniela Bianchini (Fdi), Claudia Eccher (Lega) ed Enrico Aimi (FI), i quali hanno chiesto ieri l’apertura di una pratica nei confronti della toga che in una mail aveva criticato la premier Meloni in quanto ritenuta un «pericolo» più forte di Berlusconi. Le frasi di Patarnello, esponente di punta di Magistratura democratica, la corrente progressista dell’Anm, sono «gravemente lesive dei caratteri di indipendenza e imparzialità del magistrato», fanno sapere i cinque laici di centrodestra. «È di tutta evidenza che ad essere compromessa - proseguono - sia la credibilità e la terzietà del magistrato, essendo queste frasi rivelatrici dell’inclinazione di alcuni magistrati e frange della magistratura associata ad interferire, con un’azione unitaria e coordinata, sull’attività del Parlamento e del governo». «La maggioranza dei magistrati italiani intende continuare a svolgere il proprio lavoro in modo credibile e senza pregiudizi ideologici o politici. Tali magistrati risultano danneggiati da chi, con finalità del tutto estranee ai compiti che la Costituzione assegna alla magistratura e certamente contrarie ai canoni dello Stato di diritto, invoca invece una compatta opposizione al governo», aggiungono quindi i cinque.

Nei confronti di Patarnello non deve valere poi il «rituale» appello alla libertà di manifestazione del pensiero del cittadino-magistrato, né, tantomeno, il «trito ed ideologico richiamo ad un presunto “ruolo della magistratura nella società”». «I magistrati che mostrano di non avere la coscienza dei limiti costituzionali determinano un gravissimo danno alla magistratura», sottolineano i cinque laici, chiedendo l’audizione del presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia che in questi giorni aveva cercato invece di gettare acqua sul fuoco. E sempre al Csm in molti ieri si interrogavano sul motivo per il quale la presidente della Sezione specializzata in materia di diritti della persona e immigrazione, Luciana Sangiovanni, avesse sentito la necessità di diramare, subito dopo non aver convalidato il trattenimento dei 12 migranti nel centro di permanenza per il rimpatrio in Albania, un comunicato in cui ne illustrava le ragioni. L’iniziativa ha sorpreso un po’ tutti. «Le linee guida del Csm sulla corretta comunicazione istituzionale, per quanto concerne questioni che possono avere un interesse pubblico, stabiliscono che solo i dirigenti degli Uffici giudiziari anno la titolarità e il potere di rappresentanza», fa sapere la togata a Palazzo Bachelet di Magistratura indipendente, il gruppo moderato delle toghe, Bernadette Nicotra. Quindi l’unico titolato a diramare un eventuale comunicato sarebbe stato il presidente del Tribunale di Roma.

 

 

Sul fronte Anm, infine, i vertici di Mi hanno diffuso ieri una nota con cui prendono le distanze da quanto accaduto. «Il presidente del Consiglio dei ministri, di qualsiasi partito politico, non è mai un avversario da fermare o da combattere, ma un interlocutore istituzionale da rispettare», fanno sapere Loredana Miccichè e Claudio Galoppi, rispettivamente presidente e segretario di Mi. «Deflettere da questo principio - aggiungono - significa indebolire la funzione giudiziaria compromettendone il ruolo e la funzione costituzionale: essere e apparire indipendente è la prima condizione per la credibilità della magistratura». Chissà se qualcuno è convinto del contrario.

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