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Gian Domenico Caiazza: "Sentenza sui migranti in Albania appellabile, i criteri di sicurezza sono incerti

Pietro Senaldi
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«Onestamente Giorgia Meloni non ha torto quando dice che “in base ai criteri adottati dal giudice italiano difficilmente un Paese del continente africano potrà essere definito sicuro”». 
Avvocato, non mi pare una delle migliori giornate per il nostro premier... 
«Sì, ma quando sostiene che “la questione non è l’Albania ma che i giudici dicono che non esistono Paesi sicuri e di questo passo nessuno potrà essere rimpatriato, non puoi respingere e non puoi fare politica di difesa dei confini” il presidente del Consiglio solleva un problema che esiste; anche se io ritengo che la decisione dei magistrati italiani non sia attaccabile sotto il profilo della forma o sostenendo che si tratta di una decisione politica. Se si vuole fare un ricorso e provare a ribaltare la situazione, punterei al merito».
Ovverosia, presidente? 
«Se fossi l’avvocato che si oppone alla decisione dei giudici di primo grado, contesterei nel merito che il Paese di provenienza dell’immigrato illegale sia pericoloso».
Il giudice italiano fa appello alla Corte di Giustizia Europea, per affermarlo... 
«Ma la Corte di Giustizia Europea fissai criteri di pericolosità. È il giudice italiano che poi sentenzia, nella fattispecie dei dodici immigrati portati in Albania, che l’Egitto e il Bangladesh sono pericolosi secondo l’Europa. E qui si può tentare di impugnare il provvedimento per dire che non è vero».
Secondo lei non lo sono? 
«Non è quello che ho detto. Dico solo che questa è la via giudiziaria per impugnare il provvedimento dei magistrati italiani. La criticità è stabilire qual è la nozione di Paese sicuro».

Gian Domenico Caiazza è di professione garantista, prima ancora che avvocato. L’ex presidente delle Camere Penali, cresciuto a partito radicale e testi classici, con i genitori grecisti e latinisti, è paladino dei diritti umani con le stellette da generale guadagnate sul campo. E ha la patente di europeista al punto che si è più volte vociferato di una sua candidatura per +Europa. Tant’è che afferma che «le sentenze della Corte di Giustizia Europea sono sovraordinate al diritto nazionale e i nostri giudici hanno il dovere di applicarle».
Ma allora, avvocato, la Corte di Giustizia Europea legalizza di fatto l’immigrazione clandestina... 
«No, indica solo dei criteri. Ma l’interpretazione la dà il giudice italiano. Avrebbe potuto essere diversa. La Corte di Giustizia nega il requisito di sicurezza ai Paesi ai quali possono addebitarsi atteggiamenti persecutori verso certe categorie di persone (oppositori, omosessuali, avvocati, difensori dei diritti civili). Ma in base a quali parametri certi saranno definite queste caratteristiche?».
In che senso, avvocato? 
«È vero che, quando la Corte di Giustizia stabilisce che i criteri di pericolosità di un Paese vanno valutati in via generica, e non parametrati sulla condizione del singolo ricorrente, vieta, per esempio, il rimpatrio di una persona originaria di una terra che perseguita omosessuali od oppositore politico anche se questo individuo non rientra nelle categorie in nessuna categoria a rischio. Ma è altrettanto vero che l’atteggiamento persecutorio deve essere essere generalizzato. In base a quali parametri certi saranno definite le caratteristiche di pericolosità? Leggi adottate? Comportamenti di fatto del governo di un Paese? Tradizioni culturali? Occorre certezza del diritto anche in base a queste definizioni di Paese sicuro o non sicuro. Altrimenti si rischia il caos».
Però, fuori dall’Europa, per i gay per esempio la vita non è oggettivamente facile... 
«Certo, ma la Corte di Giustizia Ue parla di comportamenti generalizzati di discriminazione. Credo che occorra un chiarimento in ordine a questo concetto, e quindi un ripensamento dei Paesi da ritenre sicuri alla luce di questo chiarimento».
La maggioranza sostiene che i magistrati abbiano travalicato i loro poteri ignoranzo il decreto interministeriale (Esteri, Interni e Giustizia) che stabilisce che Egitto e Bangladesh non sono Paesi pericolosi. Cosa ne pensa? 
«Appellandosi alla Corte di Giustizia Ue, la magistratura ignora il decreto governativo. In punta di diritto è legittimo, la legge europea vince su quelle nazionali. Sul merito, si può aprire la battaglia giuridica. Cosa contesti ai Paesi che valuti pericolosi? Devi provare che lo siano e servono elementi concreti, altrimenti il giudizio diventa politico, e questo non spetta più ai magistrati ma ai politici».
Quindi lei non parlerebbe di uno scontro di poteri dello Stato? 
«Argomento spinoso e politico. Di fatto, è la Corte di Giustizia Europea che facoltizza, per usare un termine giuridico, il conflitto».
Ma se non possiamo trattenere gli immigrati irregolari in luoghi custoditi in Albania, perché il giudice scrive che non possiamo limitare la loro libertà, a che titolo potremmo farlo in Italia? 
«Non possiamo trattenerli in Albania perché quello è un Paese extracomunitario, a differenza dell’Italia. E poi c’è la particolarità del Protocollo sottoscritto con il governo di Tirana che ci vincola...».
Di cosa si tratta? 
«È lì che è scritto, in maniera rigidissima, che non puoi portare in Albania immigrati proventienti da Paesi pericolosi. I magistrati fanno riferimento anche a quello per ordinare il trasferimento degli irregolari in Italia. Se vuol sapere la mia, sul Protocollo ho forti riserve, anche se la valutazione di pericolosità di uno Stato prescinde da esso».
L’opposizione vuole fare causa al governo per danno erariale...
«Quelle sono questioni che deve vedere la Corte dei Conti. Io posso dire che, prima di trasferirli in Albania, forse sarebbe il caso di aspettare che si concluda il procedimento giudiziario».
Potremmo mai trasferire in Albania anche un solo africano o un cittadino proveniente dal Medio Oriente? 
«Sì, basta vincere un ricorso e ottenere una sentenza che stabilisce che il Paese di provenienza di quel singolo immigrato illegale è sicuro e non rientra nei parametri di rischio individuati dalla Corte di Giustizia, che - ricordo - allude a situazioni di rischio generalizzate.Non sarà facile dimostrare che un Paese è sicuro».

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