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Migranti nei centri in Albania, a decidere sui ricorsi il capo delle toghe di sinistra

Giovanni M. Jacobazzi
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La riuscita del piano del governo Meloni per contrastare l’immigrazione clandestina, prevedendo dei centri in Albania dove trattenere coloro che provengono da Paesi sicuri si giocherà anche nelle aule di tribunale. E tutto si giocherà infatti proprio sul concetto di “Paese sicuro”. Con un decreto del ministero degli Esteri pubblicato a maggio è stata ampliata la lista dei Paesi di origine sicuri peri quali può essere derogata la procedura ordinaria di richiesta di asilo e adottata la procedura accelerata. Adesso sono 22: tra questi la Tunisia, l’Egitto, la Nigeria, il Bangladesh e il Camerun. Si tratta di Paesi, da cui provengono la maggior parte dei migranti che arrivano in Italia, in cui non ci sono atti di persecuzione né tortura, o forme di pena o trattamento inumano e degradante, rendendo così infondate le loro richieste di protezione internazionale. Provenire da un Paese sicuro prevede poi tempi rapidi per essere sentiti dalla Commissione territoriale ed esclude la sospensione automatica del provvedimento di rigetto, in deroga al principio generale secondo cui il richiedente asilo può restare sul territorio italiano fino alla decisione definitiva.

A far saltare il piano, come riportato ieri da Libero, una pronuncia della scorsa settimana della Corte di giustizia Ue secondo la quale il Paese può non essere sicuro se in «alcune “zone” sono compiute discriminazioni o violazioni di diritti». Tale sentenza rischia di condizionare le decisioni delle sezioni protezione internazionale presso i tribunali, ad iniziare da quella di Roma dove verranno incardinati i ricorsi contro i provvedimenti di rigetto da parte dei migranti trattenuti in Albania. Il legislatore ha deciso che tali ricorsi vadano tutti a Roma, ufficio noto per la giurisprudenza estensiva in materia con pronunce molto spesso favorevoli all’accoglimento della domanda. «Siamo l’unico paese europeo, insieme a Cipro, a prevedere come Paese di origine sicuro la Nigeria. L’unico a inserire la Costa d’Avorio. Siamo poi solo noi, Cipro, la Grecia e la Slovenia ad avere inserito l’Egitto. Mi pare che l’esigenza sia più quella di controllare i flussi migratori che di garantire i bisogni di protezione imposti dalle convenzioni internazionali», ha dichiarato nelle scorse settimane in una intervista al Domani la giudice Silvia Albano, componente della sezione protezione internazionale di Roma e presidente nazionale di Magistratura democratica, la corrente di sinistra delle toghe da sempre critica nei confronti di ogni iniziativa contro i migranti.

 

 

«Il giudice- ha aggiunto Albano - ha un dovere di cooperazione istruttoria. I decreti ministeriali sono una fonte secondaria, non possono violare né le norme ordinarie interne né quelle sovraordinate costituzionali o sovranazionali. I giudici devono verificare se l’inserimento nel decreto ministeriale di quel Paese sia conforme alla legge». Più chiaro di cosi. Ed è di ieri la notizia che è stato annullato il fermo di 60 giorni imposto dal 23 settembre scorso della Geo Barents, la nave di ricerca e soccorso di Medici senza frontiere, in quanto, secondo la giudice Lorenza Calcagno, «impedisce la realizzazione del fine della nave, destinata al soccorso in mare senza restrizione di navigazione».

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