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Intercettazioni, sì alla stretta in Senato: ecco cosa cambia

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Via libera al Senato a una stretta sulle intercettazioni. A Palazzo Madama è stato approvato con 83 sì, 49 no e 1 astenuto il disegno di legge presentato dal senatore di Forza Italia, Pierantonio Zanettin, che fissa il tetto massimo di 45 giorni alle intercettazioni, salvo rare eccezioni. La maggioranza esulta mentre le opposizioni protestano. Ad eccezione di Italia Viva, il partito di Matteo Renzi che al contrario condivide il testo.  Come sempre, dopo il "sì", ecco l'allarme dei magistrati: se questo testo, che ora dovrà passare alla Camera, diventerà legge "migliaia di inchieste saranno a rischio". 

Il provvedimento, incardinato a Palazzo Madama nel novembre 2023, ha subito delle modifiche durante l'esame in Commissione Giustizia. All'inizio, come sottolinea anche la relatrice Erika Stefani della Lega, era composto di 3 articoli e la norma portante era quella che vietava di intercettare le telefonate tra avvocati e assistiti. Questa misura è stata però successivamente recepita nel ddl Nordio e il progetto di legge, pur restando con il titolo originario, è diventato il contenitore di un'altra norma: quella che mette il tetto di 45 giorni agli ascolti, a meno che non si tratti di reati di mafia e terrorismo e a meno che non emergano "elementi specifici e concreti" che dovranno comunque "essere oggetto di espressa motivazione". Una stretta che va in direzione del garantismo.

Il testo, cambiato così come vi abbiamo dato conto, era stato approvato in Commissione ad aprile. Ad accelerarne l'arrivo in Aula è stato Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia al Senato, che nell'ultima Conferenza dei Capigruppo aveva chiesto e ottenuto che il ddl arrivasse in Assemblea "il più presto possibile". Tutti gli emendamenti delle opposizioni erano stati respinti. I senatori del M5S, con Scarpinato e Ada Lopreiato, hanno protestato ribadendo che, a loro giudizio, altre indagini, come quelle sulla violenza sulle donne, sarebbero a rischio. Scontata anche la contestazione del Pd, che con il capogruppo in Commissione Giustizia, Alfredo Bazoli, parla di "termini draconiani". 

La maggioranza, però, forte anche dell'appoggio di Italia Viva, è andata dritta come la sua strada. Per inciso, un testo alle intercettazioni era stato chiesto anche dalla Cassazione. "È un tema di diritti umani - ha affermato Matteo Renzi - e chi chiede limiti non fa un regalo ai criminali, ma difende la Costituzione". 

Dunque l'onorevole Pierantonio Zanettin, esponente di Fratelli d'Italia che ha proposto il ddl, il quale ha spiegato che "questo testo, a mia prima firma, è stato pesantemente criticato in particolare dal dottor Di Matteo, secondo il quale le indagini di mafia diventeranno più difficoltose. Secondo Di Matteo ogni reato sostanzialmente è mafia, perché perseguendo quel reato si può individuare un mafioso". È la teoria dei cosiddeti "reati spia", secondo i quali "perseguendo il responsabile di un semplice divieto di sosta, in effetti, si può incappare in un pericoloso mafioso. Ed è evidente che con gli strumenti tecnologici a nostra disposizione siamo in grado di assicurare alla giustizia praticamente tutti i criminali". Con le tecniche di oggi, ha aggiunto Zanettin, "forse siamo anche in grado di prevenire i reati, con arresti e condanne preventive, mediante l'utilizzo dell'intelligenza artificiale predittiva, partendo magari dall'analisi della mimica facciale dei cittadini, dalle frasi pronunciate, dai movimenti del corpo, dalla famiglia di provenienza, dal livello scolastico", ha concluso. 

Un duro colpo, il "sì" di oggi, per il fronte manettaro capeggiato da M5s e Marco Travaglio, il quale ha dedicato l'apertura del Fatto Quotidiano di questa mattina, mercoledì 9 ottobre, alla possibile stretta. Titolone di prima pagina del Fatto Quotidiano: "Con questa riforma niente inchiesta Toti". Nelle pagine interne si parlava di "mannaia di Carlo Nordio". Insomma, crisi di nervi tra i fan delle manette...

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