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Giulia Cecchettin, negata la parte civile a Comuni e associazioni? Perché è giusto così

Giulia Cecchettin  

Tiziana Lapelosa
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E che c’entrano con l’omicidio di Giulia Cecchettin le associazioni e i comuni che hanno chiesto di costituirsi parti civili? Di che reato, esattamente, sarebbero state vittime al punto da provare ad entrare nel processo che vede imputato il reo confesso Filippo Turetta e che si è aperto in Corte d’assise a Venezia?

Ieri, il giudice Stefano Manduzio ci ha messo poco meno di due ore per decidere che no, non era il caso di accogliere quelle richieste che sembrano avere più il sapore della speculazione mediatica (e forse pure economica) che altro. Perché Penelope (il cui presidente Nicodemo Gentile è anche il legale di Elena Cecchettin), Differenza Donna (con sede a Roma), Udi-Aps (Unione donne italiane con varie sedi sparse per la penisola), I care, We care (una sede legale a Cremona e una operativa a Roma) e Insieme a Marianna (tre sedi: Roma, Marche e Sicilia), agli occhi di tutti c’entrano davvero nulla con la morte di Giulia. Ovvero, c’entrano come tutte le persone che sono rimaste colpite da un fatto di cronaca agghiacciante, che hanno pianto sì, e pure tanto, si sono disperate e hanno sperato che Giulia fosse viva, fuggita chissà dove ma viva, ma a cui mai verrebbe in mente di costituirsi parti civili. Come ha fatto anche il comune di Fossò, quello in cui le telecamere di un calzaturificio hanno ripreso l’omicida picchiare violentemente Giulia, uccisa quello stesso 11 novembre dell’anno scorso. E come ha fatto il confinante comune di Vigonovo per «danno di immagine» e per i «disagi» che la vicenda «ha arrecato alla funzionalità del nostro ente». E non sorprende prima la richiesta di esclusione di comuni e associazioni da parte del legale di Turetta, Giovanni Caruso, poi la decisione del tribunale di tagliare tutti fuori ad eccezione dei familiari stretti. La sintesi è che le associazioni non hanno alcun collegamento con il territorio in cui sono avvenuti i fatti. I comuni, invece, solo per un fatto accidentale sono diventati teatro di cronaca nera.

Come dargli torto? E quando Differenza Donna parla di «sconcerto» per la decisione e di «pregiudizio» dettato da «mancata conoscenza della storia e dell’impatto delle associazioni femminili nei processi» che aiutano a capire «le dinamiche criminali» in particolare su violenza contro le donne e femminicidio, viene da pensare che per portare avanti certi temi non ci sia bisogno di aule di tribunali.

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