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Antonio Di Pietro, "Arianna Meloni nel mirino perché vogliono arrivare a Giorgia"

Claudio Brigliadori
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«Solidarietà ad Arianna Meloni, è finita nel tritacarne mediatico-giudiziario proprio come me». Proprio Antonio Di Pietro, volto, simbolo e braccio (spesso armato) di “Mani Pulite”, diventato suo malgrado l’uomo-copertina dei manettari d’Italia uniti, ama spiazzare.

E sulle indiscrezioni riguardo a una possibile inchiesta per traffico di influenze sulla sorella della premier nonché capo della segreteria politica di Fratelli d’Italia gela subito chi a sinistra, difendendo l’operato della magistratura e pur respingendo con sdegno le tesi del “complotto” è già tentato di strumentalizzare politicamente il caso.

 

 

 

In altre parole: «Arianna Meloni va giudicata per quel che è lei, non perché è la sorella del presidente del Consiglio. Viene messa nell’occhio del ciclone per arrivare a Giorgia Meloni ed è una criminalizzazione ingiustificata. Stabilito questo principio, Arianna Meloni è un dirigente di partito. Non so se abbia partecipato o meno a nomine, ma io chiedo: perché mai un dirigente non dovrebbe partecipare a scelte di cui deve farsi carico il suo partito? Le nomine istituzionali sono sempre state fatte su base partitica. Arianna Meloni dovrebbe essere giudicata per la sua scelta, non in quanto sorella».

Sintetizziamo: anche se ci fosse una inchiesta per traffico d’influenze, il tema dovrebbe essere politico, non giudiziario.
«Io ho espresso solidarietà ad Arianna Meloni in quanto viene usata strumentalmente per attaccare la sorella. Se volete criticarla, criticatela per quel che ha fatto lei. È capitato anche a me: io mi ero permesso di dire che mia moglie non era mia moglie, ma un avvocato. E i giornali titolarono “Di Pietro ripudia la moglie”. No, giudicate mia moglie nel suo ruolo e funzione, non perché mia moglie».
Entriamo nel merito della questione: l’Anm esclude che ci sia una azione eversiva. 
«Io condivido, escludo che ci sia una azione combinata tra magistratura, informazione e opposizione. Ma Santalucia (il presidente dell’Anm, ndr) dice un’altra cosa: “Lo escludo perché l’ha detto il pm di Roma”. Vuol dire tutto e vuol dire niente. Santalucia non può sapere se c’è una indagine in corso e sarebbe gravissimo se lo sapesse. E il pm di Roma non può rispondere, perché non sta indagando o se sta indagando non può dirlo, la Procura è obbligata a smentire». 
Per la precisione, dalla Procura hanno detto: «Non stiamo indagando su Arianna Meloni». 
«A volte si iscrivono nelle notizie di reato a carico di soggetti individuali, altre volte nelle notizie non considerate reato dallo Stato, altre volte ancora a carico di ignoti. Non sempre serve il nome di una persona per fare indagini su quella persona».

 

 

 

La sinistra si è subito schierata a fianco dei magistrati. 
«Non condivido quello che sta facendo il Partito comunista. Scusi il lapsus, il Partito democratico. Per bocca del suo responsabile giustizia Debora Serracchiani ha chiesto al ministro una informativa in Parlamento. Ancora una volta vogliamo buttarla in politica? No, va affrontata nella sede opportuna, quella giudiziaria, e aspettando i tempi tecnici necessari, per accertare se c’è o meno una attività investigativa di questo tipo».
A L’aria che tira Estate su La7 lei ha detto che il caso Arianna Meloni le ricorda il suo.  
«A indagare potrebbe non essere la magistratura, ma qualche altra entità come spezzoni dei servizi segreti, come è capitato a me. Lo ha confermato lo scorso febbraio anche l’ex ministro Rino Formica: ai tempi di Tangentopoli Bettino Craxi ordinò all’allora capo della Polizia Parisi di controllare i miei telefoni e i miei famigliari e di riferire a Giuliano Amato. Io stesso l’ho denunciato più volte, in tutte le sedi. Che ci sia una maggiore attenzione nei confronti di un politico o di una persona di potere è fisiologico, non patologico. Ma deve avvenire tutto secondo le regole del gioco. E su fatti veri, non costruiti ad arte».
Qui però tiriamo in ballo anche il compito dei magistrati. 
«Certo. È vero o non è vero che il ruolo del pubblico ministero è un ruolo di parte? È superfluo continuare a dire che il pm cerca la verità. Certo, ma cerca anche un colpevole e può finire per ignorare tutto il resto. Prendete la trattativa Stato-Mafia: individuato quel filone, si è preso in considerazione solo quello ignorando tutto il resto, quando il quadro era molto più complicato. Secondo: è vero o non è vero che molte volte si apre un fascicolo sulla base di quello che si legge la mattina sul giornale? Mi spiace ma è vero. Ed è vero o non è vero che a volte certo giornalismo investigativo è soltanto cassetta delle lettere? Purtroppo anche questo è vero».
 


 

Scandalo dossieraggio, separazione delle carriere, riforma della giustizia: lei sta toccando tre nervi scoperti delle toghe. Il cuore di tenebra del conflitto tra magistratura e politica. 
«Alt: un pubblico ministero non può mai essere fermato dalla politica, può fermarlo solo un altro pubblico ministero. E non mi piace parlare di pezzi di servizi deviati, pezzi di magistratura politicizzata, pezzi di informazione. Facciamo solo nomi e cognomi. Ancora: non c’è solo Palamara: ci ha raccontato una realtà che lui ha vissuto, ma quanti altri Palamara ci sono? Difendo a spada tratta la magistratura, ma non metto le mani sul fuoco per tutti i magistrati, così come non le metto per tutti i giornalisti d’inchiesta. Dopodiché io sono stato politicamente distrutto da una inchiesta di Report ma preferisco vivere in un Paese con 10, 100, 1.000 Gabanelli piuttosto che nessuno. Anche se ho fatto condannare tutti quelli che le hanno detto il falso sul mio conto».
La denuncia di Crosetto di un anno fa, il dossieraggio, le proteste per la riforma Nordio: uniamo i puntini? 
«Non credo al Grande Vecchio, io sono stato fermato da persone, non da un sistema. Probabilmente il signor Striano l’avrà fatto perché qualcuno glielo ha chiesto. Chi è stato?».
Rovesciamo il suo teorema: un magistrato può fermare la politica? 
«Non va fatta una generalizzazione ma valutato caso per caso. Il magistrato che accende il motore e scopre dei fatti, cerca l’autore di un reato commesso. E se quell’autore è un politico non è colpa del magistrato. È innegabile però che qualche magistrato possa innamorarsi della sua tesi e portarla avanti a oltranza. Ecco perché bisogna dividere i ruoli».
Cacciari dice: so che da anni la politica sfrutta l’attività della magistratura pro domo sua, e chi fa questo gioco alla fine ci rimette. Lei è d’accordo? 
«Completamente. La politica molto spesso strumentalizza l’attività della magistratura per un interesse di parte. Io sono stato attenzionato sia dalla destra sia dalla sinistra. In carriera ho svolto tutti i ruoli processuali: testimone, indagato, imputato, commissario, avvocato, pubblico ministero. Posso dire con franchezza che se sei l’accusa non puoi fare una indagine per scoprire un reato, devi farla dopo che il reato è stato commesso. Altrimenti fai la pesca a strascico. Faccio un appello all’Anm: c’è necessità di completare la riforma, se l’impianto è accusatorio dobbiamo farcene una ragione. Dobbiamo evitare di mescolare le maglie».

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