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Giustizia da rifare, 4mila innocenti in carcere: i dati parlano chiaro

Carlo Nordio

Pietro Senaldi
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Innocenti in cella, governatori come Giovanni Toti neppure rinviati a giudizio ma costretti a dimettersi per potersi vedere revocare gli arresti domiciliari, criminali incalliti catturati e subito rilasciati. L’esigenza di riscrivere il sistema giustizia da capo a piedi - ivi compresa la battaglia di Forza Italia per eliminare la legge Severino, che contraddice la Costituzione imponendo ai politici la decadenza dopo la sentenza di primo grado - non è un capriccio né una bandiera di parte sta nell’osservazione della realtà. È una battaglia di civiltà che la posizione di strenua difesa da parte della sinistra dei magistrati e della loro impunità quando sbagliano ha trasformato in questione politica, quando invece sarebbe un semplice rimedio alla malagiustizia imperante.

Veniamo ai fatti. Nel giorno in cui dall’ex ministro Enrico Costa viene ricordato che negli ultimi cinque anni sono stati incarcerati in custodia cautelare 4.368 innocenti e che solo nello 0,2% dei casi capita che i giudici che arrestano ingiustamente vengano sottoposti a provvedimenti disciplinari, un magistrato rimette in libertà Lady Scippo, nome d’arte che la croata Ana Zahirovic si è guadagnata sul campo. La borseggiatrice, che ha iniziato l’attività a sette anni, è stata riconosciuta colpevole di 148 reati, anche se realisticamente si può supporre che quelli commessi davvero potrebbero essere dieci volte tanto, ragionando per difetto. Dovrebbe scontare trent’anni di carcere ma è stata rimessa in libertà dopo appena tre giorni dalla cattura perché, malgrado abbia solo 31 anni, ha da tre mesi partorito il suo decimo figlio.

 

 

Per carità, lo dice la legge, la quale stabilisce che la madre ha diritto a restare fuori dal carcere fino all’anno d’età del pargolo; però la legge è sbagliata e infatti questo governo l’ha cambiata, con il provvedimento che la scorsa settimana ha ottenuto il via libera del Quirinale. D’ora in poi il giudice non sarà più costretto a rilasciare le neo-mamme criminali, differendo l’esecuzione della condanna di gravidanza in gravidanza, come nel caso di Ana. La pena potrà essere scontata in case comunità, sorte di collegi che consentono alle delinquenti di allevare la prole non dietro le sbarre.

La norma è sensata, per questo la sinistra si è opposta a lungo a essa, sostenendo che un bambino non si può ingabbiare per le colpe del genitore. Principio sacrosanto, ma come al solito l’ottimo è nemico del bene. A prescindere dall’ipocrisia del presupposto per cui un bimbo avrebbe bisogno della vicinanza della madre solo nel primo anno di vita, quando ancora gattona e conosce al massimo dieci parole, le gravidanze in sequenza delle borseggiatrici - la storia della Zahirovic insegna- non sono indice di istinto materno ma semplicemente un modo di evitare la galera, nella totale indifferenza di quel che ne sarà del nascituro e delle prospettive che gli si aprono. Lady Scippo è l’ingranaggio di un racket, che probabilmente la vede sfruttata dalla più tenera età, come lei sfrutta i suoi figli.

Le borseggiatrici non dovrebbero essere condannate solo per furto: sono parte di un’associazione a delinquere, che bada ai figli quando loro vanno a rubare, che gestisce i loro quattrini mal presi e che decide al posto loro quando devono restare incinte. Per la donna e per i suoi bambini la casa-famiglia dove scontare la pena sarebbe una sorta di liberazione dalla schiavitù del campo rom, che peraltro non è il luogo ideale dove nascere e crescere.

Ma al di là di queste considerazioni tecniche, esistono un senso del pudore, dell’equità e finanche della morale, parola pericolosa solo per chine storpia il significato, sul cui rispetto si regge l’immagine e la coscienza di ogni Paese e il tipo di società e di cittadini che ne sono figli. È intollerabile, dal punto di vista dell’educazione civica, che possano essere disinvoltamente arrestati degli innocenti e con altrettanta leggerezza liberati dei criminali incalliti. La fotografia che ne deriva ci scredita agli occhi del mondo.

I tristi giochi della politica e l’anti-melonismo imperante che si nutre di malafede fanno sì che gli stessi spiriti democratici che usano ogni pretesto per criticare il governo e poi dicono all’Europa che in Italia non c’è libertà di stampa, salvo poi riprendere come notizia le proprie delazioni, siano poi i più strenui difensori di una magistratura che ci relega agli ultimi posti tra i Paesi occidentali quanto a standard minimi di giustizia.

Chi ha candidato Ilaria Salis per sottrarla, oltre a condizioni carcerarie indegne - ma che non sono poi tanto peggiori rispetto a quelle delle nostre patrie galere -, al processo che si è meritata, non solo non osa proferire parola contro chi tiene in carcere migliaia di innocenti ma, se la persona privata della libertà è un politico di centrodestra, si prodiga in strenue difese delle toghe, qualsiasi corbelleria sostengano e ingiustizia perpetrino. Meglio una Lady Scippo libera che un Giovanni Toti a capo di una Regione: così ragiona la sinistra e così agiscono le Procure.

 

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