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Dimissioni Toti, Carlo Calenda: "Indegno di uno stato di diritto, brutta pagina di democrazia"

 Carlo Calenda

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E alla fine, dopo due ordini di custodia cautelare e quasi tre mesi di arresti domiciliari, ecco che arrivano le dimissioni di Giovanni Toti. Il presidente della Liguria conferma il passo indietro con una lettera e fa sapere che la regione tornerà al voto entro tre mesi. Con la sua decisione, da un punto di vista giudiziario, facilita l'iter che dovrebbe condurlo alla revoca dei domiciliari.

Le dimissioni fanno insorgere la Lega, che parla di "inchieste usate per sovvertire la volontà popolare". Dall'altro lato della barricata, il M5s festeggia, ricordando come "erano tre mesi che chiedevamo le dimissioni di Toti". Già, il potere delle manette. Dello stesso tenore le dichiarazioni di Elly Schlein: "Finalmente Toti si è dimesso", afferma la segretaria del Pd.

Per Edoardo Rixi, leghista che potrebbe essere il prossimo candidato, "a prescindere dalle idee politiche e da fatti realmente avvenuti questo fatto determina il fallimento della democrazia", tuona su X il viceministro alle Infrastrutture e segretario della Lega proprio in Liguria.

Ma tra le forze di opposizione, ecco una voce fuori dal coro: quella di Carlo Calenda, la cui analisi è lucida e impietosa per chi festeggia per quanto è accaduto. "Toti è un nostro avversario. La valutazione sulla sua gestione è negativa. I profili di conflitti di interessi che sembrano emergere dalla vicenda ligure sono quanto di più estraneo alla prassi di Azione si possa immaginare - premette -. Ma forzare le dimissioni un Governatore attraverso l'imposizione di misure cautelari a pioggia è indegno di uno Stato di Diritto. Così come indegno è usare le inchieste come fondamento di un confronto politico. Non è stata un bella pagina per la democrazia italiana", tuona su X Carlo Calenda. Francamente, in questo caso, c'è ben poco da aggiungere.

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