Cerca
Logo
Cerca
+

Giovanni Toti, Sabino Cassese: "I domiciliari sono incostituzionali"

Pietro Senaldi
  • a
  • a
  • a

A questo punto, gli arresti domiciliari prolungati di Giovanni Toti possono essere ritenuti incostituzionali. Parola di Sabino Cassese, una delle massime autorità viventi in Italia quanto a conoscenza e interpretazione della Suprema Carta. Il difensore del governatore ligure, Stefano Savi, ha calato l’asso, depositando al Tribunale del Riesame un parere dell’insigne giurista sull’odissea giudiziaria che ha travolto il presidente della Regione. Sei punti in cui l’eminenza giuridica spiega come, nel caso in fattispecie, la privazione della libertà dell’indagato «non risponde ai criteri di ragionevolezza e proporzionalità» che la Corte Costituzionale pretende per arrestare un governatore.

«Io non sono il difensore di Toti» precisa Cassese, 89 anni a ottobre ma di una vitalità inarrivabile, prima di presiedere un convegno di diritto nel caldo luglio di Madrid, «però l’avvocato Stefano Savi, che io non conoscevo, mi ha fatto arrivare la richiesta di redarre un parere e io l’ho espresso, perché penso che il governatore abbia ragione». A questo punto, cosa si può fare per evitare il conflitto istituzionale tra poteri dello Stato, visto che l’eventuale ricorso del presidente della Liguria potrebbe fondarsi su ben tre articoli della Costituzione violati? «Sta al giudice decidere» risponde Cassese, che precisa di non voler influenzare nessuno e di aver agito come costituzionalista e non come avvocato difensore, «gli arresti possono essere revocati del tutto o sostituiti con una misura di interdizione che consenta all’indagato di svolgere la funzione».

 

 

 

La consulenza del giurista è snella, chiara, difficilmente confutabile. Il parere parte dalla motivazione di rifiuto della revoca degli arresti, firmata dal giudice per le indagini preliminari, Paola Faggioni, che ha ritenuto il fermo «proporzionale alla gravità dei fatti contestati e adeguato alle esigenze cautelari da soddisfare, anche perché (ai tempi; ndr) è trascorso solo un mese», per smontarla sotto l’aspetto dell’opportunità. Cassese scrive che «ci sono altri elementi da tenere in considerazione» quando si priva della libertà un presidente di Regione, come stabilito dalla sentenza 230 del 2021 della Corte Costituzionale. Il verdetto infatti chiede un «ragionevole bilanciamento» di tutti i diritti dei soggetti coinvolti nonché che gli arresti siano «contenuti nei limiti di tempo strettamente indispensabili». Con Toti, nessuno dei due requisiti è rispettato, sia perché la magistratura sarebbe disposta a fermarlo per tutta la durata residua del suo mandato, che scade a fine 2025, e non per un solo mese, nel frattempo già diventati due, sia perché il provvedimento restrittivo «comporta un ingiustificato sacrificio dei diritti del singolo».

Nella fattispecie, gli arresti sarebbero incostituzionali per tre ragioni. «Violano il diritto al buon andamento dell’azione amministrativa» (articolo 97 della Carta). «Violano il diritto dell’eletto al mantenimento della carica e degli elettori alla continuazione della funzione da parte di chi hanno scelto» (articolo 48: «Il diritto di voto - attivo e passivo - non può essere limitato se non da una sentenza penale irrevocabile»). «Violano il diritto di chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il proprio posto» (articolo 51).

 

 

 

Cassese, che cita anche l’articolo 289 del codice di procedura penale, secondo cui «la sospensione dell’esercizio di una pubblica carica non si applica agli uffici elettivi ricoperti per diretta investitura popolare», spiega che questi diritti valgono in particolare modo per il presidente della Liguria. In base a quanto disposto dall’articolo 41 dello Statuto Regionale infatti, il governatore «viene sostituito dal vicepresidente solo in caso di impedimento temporaneo». Gli arresti prolungati, invece, «fanno venire meno la continuità dell’azione amministrativa e il relativo rispetto della volontà popolare «e quindi appaiono «sproporzionati» rispetto alle esigente degli inquirenti. Quanto alla eventualità delle dimissioni provocatate da un’eccessiva durata del fermo, che rende impossibile il governo della Regione, per il costituzionalista esse «lederebbero i diritti dei terzi», il cosiddetto ius in officio di assessori e consiglieri, che ne risulterebbero ingiustamente coinvolti.

La conclusione è lapidaria. Il parere invita il tribunale di Genova, attualmente la pratica è sottoposta all’Ufficio del Riesame, che si pronuncerà entro domani, a «ponderare i diversi elementi» in gioco, e non solo le esigenze della giustizia processuale. «Qualora non vengano presi in considerazione il buon andamento della pubblica amministrazione, l’investitura popolare e il diritto di terzi a mantenere il loro ufficio, a Toti resta la possibilità di promuovere un giudizio di costituzionalità». Insomma, quando si trattano fascicoli delicati come quelli che possono condizionare i destini di una Regione, e di tutta Italia, visto che la Liguria è la terra destinataria dei maggiori fondi per infrastrutture del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, non bisognerebbe agire con i paraocchi delle proprie necessità inquirenti o dell’ideologia politica, specie dopo che si è indagato per oltre tre anni, ma occorre rispettare la Costituzione, che poi significa rispettare l’Italia e, per un magistrato, l’importanza e la delicatezza del suo lavoro.

Che tirata d’orecchie per la gip Faggioni e i pm della Procura: a causa degli arresti del governatore possono essere rimproverati di aver violato la Costituzione, oltre all’etica e al diritto. E questo anche se il governatore si dimettesse. Ovviamente i magistrati agiscono in buona fede. Per questo è auspicabile che ascoltino chi ne sa più di loro, come Sabino Cassese, ex giudice della Consulta.

 

 

 

Dai blog