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Giovanni Toti risponde ai pm su tutto: "Ogni euro rendicontato"

Giovanni Toti

Pietro Senaldi
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Qui le domande le faccio io, e non saranno poche. Parola di pubblico ministero. Dieci ore e mezza di interrogatorio, più la lettura del verbale. Il presidente Giovanni Toti si è presentato ai pm per essere interrogato, su sua richiesta, alle 11 del mattino, prelevato dalla sua casa di Ameglia, dove sconta gli arresti domiciliari, da un’auto della Guardia di Finanza ed è stato congedato che era sera.

Proprio in casa delle Fiamme Gialle, e non in procura, si è svolto il confronto, nel centro del porto di Genova, che è poi anche il centro morale, giuridico e psicologico dell’inchiesta. Con lui, ad assisterlo c’erano l’avvocato Stefano Savi e il figlio di questi, Riccardo, con i quali il giorno prima aveva preparato l’appuntamento.

Dall’altra parte l’accusa si schierava con lo schema tre “M”: i pubblici ministeri Manotti, Miniati e Monteverde.

UOMO DI STATO - Toti ha depositato una memoria difensiva, nella quale ha premesso la propria «volontà di collaborare alla ricostruzione della verità per restituire dignità alla mia figura di uomo e servitore dello Stato». Il presidente ha svelato la propria strategia, difendendo «l’ideologia liberale» che ha guidato la sua azione, nell’interesse solo della Liguria «e dell’interesse pubblico» e caratterizzato la sua «apertura al mondo dell’impresa».

 

 

Faro di questa azione, la modernizzazione del porto di Genova e la conseguente crescita economica del territorio. In particolare, il presidente ha specificato di «non aver mai travalicato le competenze degli enti e degli uffici preposti e di aver solo sollecitato la solerzia dei Comuni liguri nel realizzare i piani strategici della Regione, all’interno e nel rispetto dei percorsi amministrativi e legislativi» e di aver avuto «solo ruoli di mediazione e sollecitazione».

Insomma, ha negato di aver condizionato la decisione dell’Autorità Portuale di assicurare ad Aldo Spinelli la proroga della concessione del Terminal Rinfuse, spiegando che la fitta «interlocuzione con le realtà del porto testimonia il perseguimento dell’interesse collettivo» e non già un’ipotesi di reato e che l’allungamento temporale era stato pianificato prima del suo interessamento e dai soggetti competenti, tra i quali non figura la Regione. Quanto ai finanziamenti elettorali, ne ha rivendicato la «totale trasparenza e rendicontazione», come peraltro riconosciuto anche dall’accusa.

«Ogni euro incassato ha avuto una destinazione politica», ha affermato, «e nessun contributo ha procurato un arricchimento personale». A titolo di esempio, il governatore ha spiegato di essersi attivato per l’area strategica del Porto di Voltri-Prà «senza che i due soggetti interessati, Grimaldi e Singapore Port Authority, fossero miei contributori, anzi malgrado siano storicamente vicini alla parte politica a me avversa», ma la lista è lunga ed è stata fornita per intero ai magistrati, per far capire che l’uomo non era al servizio di Spinelli per quattro lire ma della comunità per «una visione progettuale ampia» dei destini della Regione.

Dall’altra parte la risposta è stata un fuoco di fila di 180 domande preparate dai magistrati, ciascuna delle quali ha figliato altri quesiti e precisazioni. Il governatore non si è perso d’animo e ha risposto a tutte, senza cadere in contraddizione e senza cedimenti. Per durata il confronto avrebbe potuto essere massacrante, ma in realtà il clima è stato meno teso di quanto si potrebbe immaginare.
La buona notizia, per l’indagato, è che i magistrati non hanno allargato con le loro domande il perimetro dell’inchiesta. Non sono emerse sorprese o pistole fumanti tenute nel cassetto, tanto per intendersi.

L’interrogatorio è ruotato soprattutto sui rapporti tra Toti e Spinelli, per capire se ci fosse collaborazione o corruzione. Il governatore ha spiegato tutto. 

 

 

Per entrare nello specifico delle accuse, quanto alla proroga trentennale della concessione Rinfuse a Spinelli, il presidente ha chiarito di «non aver mai partecipato alle riunioni tecniche sulla sua durata e di non essere mai intervenuto su questa e di aver agito non solo nei confronti di Spinelli ma di tutti gli operatori coinvolti nell’operazione».

I TEMPI - La giornata di ieri ha permesso di precisare quello che non era ancora emerso sui giornali, ovverosia la reale cronologia delle interlocuzioni, telefoniche e non solo, tra il governatore e Spinelli. La tempistica dimostra come «le attività liberali dell’imprenditore siano decontestualizzate rispetto ai colloqui presi in esame dall’accusa», intercettati e dati in pasto alla stampa «ed erano legate piuttosto alle scadenze elettorali». In particolare la telefonata in cui Toti, dalla barca di Spinelli, si informava presso l’Autorità Portuale del perché, pur essendo stati predisposti da questa tutti gli atti, la pratica rimanesse ferma, senza passare al Comitato l’approvazione, non è la stessa in cui il governatore ricorda all’imprenditore che le elezioni sono imminenti (le Comunali del 2022, per la conferma del sindaco Marco Bucci), facendo intendere che avrebbe gradito un sostegno economico. La vicenda della concessione infatti e del suo impasse, che fa fremere Spinelli e per sbloccare la quale l’uomo coinvolge chiunque, si sviluppa nell’autunno del 2021 mentre le municipali a Genova si tengono sei mesi dopo.

C’è quindi un lungo lasso di tempo tra le due telefonate, che le indiscrezioni fatte filtrare dalla Procura alla stampa avevano cancellato, facendole apparire contestuali. È chiaro che la distanza cronologica, e la consequenzialità di fatto ribaltata, farebbero venir meno i fondamenti della corruzione.

Stessa ampia distanza cronologica esiste tra la telefonata in cui il presidente si interessa della possibilità di un cambio di destinazione di una parte della spiaggia pubblica di Celle Ligure e l’elargizione di Spinelli alla quali gli inquirenti lo legano per costituire l’ipotesi di corruzione. In merito Toti spiega «di essersi interessato della possibilità del cambio» ma di non aver fatto nessuna pressione, una volta informato che non era fattibile. La spiaggia, si ricorda, è adiacente a un complesso turistico di 42 appartamenti di lusso ricavati da Spinelli da una ristrutturazione che il governatore definisce «di eminente interesse pubblico», consistendo nel «recupero a uso turistico di edifici abbandonati».

Puntuta anche la difesa del governatore dall’accusa di corruzione elettorale, legata ai presunti favori promessi ai riesini, una comunità di genovesi originari della provincia di Caltanissetta, in cambio di 380 voti, quando il governatore vinse con un distacco di 350mila. Toti ha spiegato di «non aver mai offerto utilità in cambio di voti» e di «aver appreso solo dalle indagini che altri lo avevano fatto e di essersi interessato alla collettività, come ad altre, perché doveroso rispetto alla funzione di governatore».

Probabilmente la prossima settimana l’avvocato presenterà istanza di scarcerazione; il che vorrebbe dire per Toti il ritorno alla agibilità politica, ed è questo il maggior ostacolo al sì. Ma nelle righe della difesa si coglie anche una strategia offensiva. Toti fa nomi e cognomi di tutti; della serie, la Liguria e gli affari non siamo solo io e Spinelli, come sarebbe emerso finora dall’inchiesta. 

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