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Liguria, le manovre dei pm per prendersi Genova

Pietro Senaldi
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A dimettersi e morire, che in politica sono verbi equivalenti, c’è sempre tempo. In favore dell’ex creatura berlusconiana interviene l’attuale capo di Forza Italia. «È una scelta sua, ma Giovanni non deve lasciare, almeno fino al Tribunale del Riesame» dichiara Antonio Tajani a In Mezz’ora, su Rai3. Parole di conforto per Toti, un doge che, soprattutto in questo secondo mandato, ha governato veleggiando in solitaria e tenendo in seconda fila i partiti del centrodestra, che forse per questo non sono così dispiaciuti dall’idea di voltare pagina. E d’altronde, fin da martedì scorso, giorno degli arresti domiciliari, è stata proprio quella di essere abbandonato politicamente una delle maggiori preoccupazioni del governatore, consapevole di non avere padrini politici a Roma, dopo aver lasciato Forza Italia per fondare Cambiamo e quindi confluire in Noi Moderati.

Tajani ci vede lungo. Le dimissioni di Toti infatti in questo momento non aiuterebbero il centrodestra, e non solo perché la coalizione, che in settimana non ha in programma neppure un vertice per discutere della questione ligure, non ha il candidato, dopo che il viceministro leghista, Edoardo Rixi, si è sfilato dalla competizione. L’indagato Aldo Spinelli deve ancora parlare (lo farà oggi) e tanti altri attendono di sfilare in Procura. Le novemila pagine di intercettazioni ancora non pubbliche pesano poi come un macigno su ogni ipotesi di strategia futura.

 

 

 

Tutti si interrogano se vi siano scritte cose in grado di far finire le carriere anche di chi al momento non è indagato. Questi sono guai che ha anche la sinistra, visto che sciur Aldo, come lo chiamano al porto, da sempre paga tutti e il Pd ha il grande problema di Mauro Vianello, presidente dell’Ente Bacini di Genova accusato di corruzione, di fatto l’ufficiale di collegamento del partito con Paolo Russo Signorini, l’ex responsabile dell’Autorità Portuale, l’unico indagato attualmente in cella, la figura che appare più compromessa.

 

 

 

LA VOLONTÀ

Dimettersi certo per Toti sarebbe il modo migliore per difendersi in un processo che si annuncia lungo e costoso per il governatore, che neppure i pm accusano di essersi arricchito con la politica. Ma è proprio quello che gli inquirenti vogliono, perché consentirebbe loro di incassare una vittoria pratica e mediatica a prescindere dall’esito del processo, che si conoscerà tra anni, quando non interesserà più nessuno e il presidente ligure sarà ormai stato espulso dal quadro politico. Già, la politica: in questa vicenda sta dimostrando tutta al propria debolezza. Indurre Toti a lasciare significa spingerlo nel burrone sul ciglio del quale lo hanno messo i magistrati con gli arresti spettacolari quanto inutili; sarebbe bastato un avviso di garanzia per inibirne potenziali azioni criminali, ma non si sarebbe avuto ricasco politico e ben diverso sarebbe stata l’eco mediatica.

Se il governatore lascia, tutto il potere di determinare il futuro politico della Regione resta delegato alla Procura, che nell’inchiesta non ha messo solo la concessione a Spinelli del terminal Renfuse fino al 2051, ma anche l’allargamento delle discariche di Savona, la Diga e tanti tra i lavori finanziati con i 12 miliardi piovuti sulla Liguria e su Genova. Con tattica cinese, i magistrati rilanciano per la stampa un’indiscrezione al giorno, che inevitabilmente indirizza il grande caos che regna nella politica locale.

 

 

 

Ieri è stata la volta del sindaco del capoluogo, Marco Bucci, che non risulta indagato. «È un po’ come quando da piccolo nutrivo i maiali», così il primo cittadino descrive, al telefono con Toti, la situazione del porto e le richieste degli imprenditori che ci lavorano. Una frase che si conosceva da quattro giorni, ma che è stata ripescata e, forzatamente, collegata alla notizia che il sindaco avrebbe fatto pressioni per utilizzare 25 milioni avanzati dalla ricostruzione del Ponte Morandi per lavori necessari a migliorare la funzionalità di Calata Concenter, quella di Spinelli, in modo di renderla, con un tombamento, adatta ad accogliere navi di dimensioni gigantesche. Una cosa non ancora fatta, per essere precisi.

 

PRAGMATISMO

Il sindaco è il classico civil servant, un manager tornato in città dopo lunghi e proficui anni negli Stati Uniti. Non è un politico e non è corruttibile ma, come tutti gli uomini pratici alle prese con leggi e burocrazia italiche, ha un’azione decisa su cui la magistratura, se lo volesse, potrebbe puntare per mettere ancora più in difficoltà il centrodestra. Bucci non ha ambizioni politiche, pensa unicamente a lavorare per la città ma non ha istinti di martire e, se la Procura decidesse di stritolarlo, potrebbe mandare tutti al diavolo e allargare la partita della presa della Liguria per via giudiziaria.

Quello che a Roma finora non è chiaro ma nella città della Lanterna è evidente a tutti è che l’arresto di Toti è stato deciso per terremotare il quadro politico e la sensazione è che la Procura andrà avanti, piazzando una mina al giorno, finché l’obiettivo non sarà realizzato. Senza guardare in faccia a nessuno: nemici, amici e chi passa di lì.

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