La Procura di Firenze contro il Foglio di Cerasa: cosa c'è dietro
I pm di Firenze non si possono criticare. A dirlo è il procuratore del capoluogo toscano, Filippo Spiezia, che questa settimana ha chiesto al Consiglio superiore della magistratura l’apertura di una pratica a tutela «dell’ufficio, del suo prestigio e indipendenza, e per l’onorabilità dei colleghi».
A far scattare la reazione del procuratore è stato un articolo apparso nei giorni scorsi sul Foglio in cui si dava conto dei trasferimenti di diversi pm fiorentini, alcuni peraltro promossi ad incarichi quanto mai prestigiosi. I magistrati trasferiti, in particolare, venivano definiti «d’assalto» perché titolari di indagini dai risultati non proprio esaltanti, vedasi quelle sulla Fondazione Open di Matteo Renzi o quelle sui mandanti esterni delle stragi di mafia del 1993 dove fra gli indagati compaiono Silvio Berlusconi, morto un anno fa, e l’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri.
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L’articolo terminava quindi domandandosi se la Procura fiorentina, con il nuovo corso, sarà in grado risollevarsi dalle «macerie del diritto». Il giorno dopo l’articolo era subito giunta la risposta dell’Anm con un comunicato nel quale si stigmatizzavano i «violenti attacchi all’ordine giudiziario da parte di certi mezzi di informazione». Era poi il turno di Spiezia che, dopo aver chiesto protezione al Csm, rilasciava giovedì scorso una lunga intervista al quotidiano Repubblica, notoriamente l’house organ delle Procure. Spiezia, sulla carta un magistrato di orientamento culturale non progressista, nell’intervista arrivava addirittura ad ipotizzare una «delegittimazione» della Procura, affermando di non essere un «normalizzatore» dell’ufficio giudiziario.
La nomina di Spiezia, sulla quale pendono dei ricorsi davanti al giudice amministrativo, va ricordato, era avvenuta in maniera quanto 171 mai rocambolesca, essendo l’unico candidato all’epoca per quel posto a non aver mai ricoperto né incarichi direttivi né semidirettivi, come previsto dall’articolo 18 del Testo unico sulla dirigenza giudiziaria. Il magistrato, infatti, era da quindici anni fuori ruolo e da otto aveva appeso lo toga al chiodo, prestando servizio ad Eurojust, l’ufficio europeo che ha compiti di tipo amministrativo e non investigativi come quelli di una Procura. Alla sua nomina si era giunti lo scorso luglio dopo un interminabile dibattito in Plenum che al momento del voto era terminato in perfetta parità: 15 voti per Spiezia e 15 per Ettore Squillace Greco, allora procuratore di Livorno ed esponente di Magistratura democratica. Determinante era stato il voto al ballottaggio del vicepresidente del Csm Fabio Pinelli.
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«A fronte di una prassi piuttosto radicata – per cui il vicepresidente è uso astenersi dal partecipare al voto su nomine che vedono le componenti consiliari frammentate – nel caso della Procura della Repubblica di Firenze, il vicepresidente del Csm ha scelto di partecipare al voto, orientando in modo determinante il risultato della delibera consiliare», avevano immediatamente scritto le toghe di sinistra, deluse perla mancata nomina di Squillace Greco, in una nota. «Suscita perplessità - aggiunsero - la composizione della maggioranza che ha espresso il procuratore della Repubblica, posto che essa fa intravedere una saldatura tra una precisa componente consiliare (i togati di destra, ndr) e la componente laica espressa da una matrice politica (i laici di centro destra più Italia viva, ndr)», che avrebbe rivendicato la necessità di un cambio di passo «nell’azione della Procura della Repubblica di Firenze», verosimilmente per le indagini non gradite.
Repubblica in questi mesi non ha perso occasione per criticare la nomina di Spiezia grazie soprattutto al voto in odore di «conflitto d’interessi» di Pinelli che prima di essere nominato al Csm da avvocato aveva difeso Alberto Bianchi, presidente della Fondazione Open, proprio nell’inchiesta Open. Il sospetto, allora, è che l’articolo del Foglio non c’entri assolutamente nulla contro la delegittimazione delle toghe ma che, invece, ci si trovi di fronte alle solite dinamiche correntizie che caratterizzano la magistratura italiana.