Inchiesta sui dossier, perché l'indagine sullo scandalo non procede
Caro direttore, anche grazie a una situazione internazionale molto grave, scompaiono dalla scena fatti molto significativi riguardanti vicende giudiziarie e politiche di natura interna. In primo luogo il furto di migliaia di informazioni dalla banca dati dell’antimafia giudiziaria apparentemente ad opera di un ufficiale della guardia di finanza che si chiama Striano: parte di esse sono state passate ai giornalisti del Domani che le hanno parzialmente utilizzate. Anzi, a guardare con attenzione, una parziale utilizzazione politica dei dati c’è stata perché essi hanno riguardato parte dei ministri del governo di centrodestra, tant’è che alle origini del caso c’è una denuncia del ministro Crosetto che si era ritrovato stampato sul Domani il suo conto corrente.
Anche Renzi e Conte sono stati investiti dalla operazione, mentre tutti gli esponenti del Pd sono stati ritenuti intoccabili. Tuttavia sotto alcuni aspetti la vicenda è molto più grave di quella avvenuta con Mani Pulite e poi contro Berlusconi: allora ci fu un pezzo di magistratura inquirente e un pezzetto di magistratura giudicante che usarono il metodo dei due pesi e due misure. Comunque, anche se contestabili nella sostanza si trattava di vicende collocate in un contesto processuale con tanto di documenti protocollati dalle origini. Al contrario il caso esploso all’antimafia deriverebbe, salvo diversa ricostruzione, dalla iniziativa di un singolo ufficiale della Guardia di Finanza collegato ad alcuni giornalisti. Ma non sulla base di input di magistrati competenti.
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MOLTO PIÙ GRAVE
In sostanza ci troviamo di fronte a qualcosa di molto più grave di ciò che è stato definito l’uso politico della giustizia. Qui non c’è nessuna violazione del segreto istruttorio perché tutto è avvenuto al di fuori di ogni procedimento giudiziario correttamente impostato. Uno o più ufficiali o graduati della guardia di finanza distaccati all’antimafia hanno “rubato in modo sistematico” dati sensibili riservati provenienti dalla Banca d’Italia o ricavati dai conti correnti e dalla Agenzia delle entrate. Non si sa che fine ha fatto una larga parte di essi. Una parte minima sono stati passati a giornalisti amici e complici e alcuni di questi dati pubblicati sui giornali possono infliggere seri danni ai soggetti presi nel mirino senza che essi derivino da alcuna attività processuale correttamente impostata: siamo sul terreno dell’arbitrio più assoluto.
La magistratura inquirente (la Procura di Perugia) ha denunciato come gravissimi i fatti ma allo stato l’indagine segna il passo. A sua volta Melillo, l’attuale procuratore nazionale dell’antimafia ha denunciato di avere ereditato dalla precedente gestione una situazione caratterizzata come minimo da un incredibile disordine che evidentemente ha poi consentito l’operazione furto dei dati emersa in questi mesi. È stata scartata la costituzione di una commissione parlamentare di inchiesta. Tutto è stato messo nelle mani della attuale commissione parlamentare anti mafia che però segna il passo anche per una incredibile situazione che caratterizza il suo vertice. Finora la commissione parlamentare antimafia si è guardata bene dall’ascoltare il finanziere Striano che è stato colto con le mani nel sacco. Per parte sua in alcune interviste il tenente Striano ha affermato di aver agito sempre su mandato del magistrato. Ora per tutto il periodo in cui egli ha agito, ha avuto come riferimento a livello intermedio il pm Antonio Laudati, che infatti è stato indagato per alcune vicende specifiche, non per le migliaia di dati raccolti indebitamente da Pasquale Striano.
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CONFLITTO D’INTERESSI
Per far luce su quest’altro aspetto della vicenda, bisognerebbe che la commissione parlamentare antimafia in primo luogo ascoltasse il tenente Striano e poi, partendo dalla sua deposizione, anche chi all’epoca era il suo massimo riferimento giuridico cioè colui che all’epoca era il procuratore antimafia vale a dire Federico Cafiero De Raho. Senonche, Federico Cafiero De Raho dalla antimafia giudiziaria ha fatto un salto di corsia, è stato eletto in Parlamento nelle liste del Movimento Cinque Stelle e da quel gruppo parlamentare è stato fatto eleggere proprio vicepresidente della commissione parlamentare antimafia e quindi dovrebbe partecipare alle indagini anche su se stesso: un caso clamoroso di conflitto di interesse che però viene presentato in modo rovesciato.
Ogni qualvolta qualcuno (ad esempio il senatore Gasparri) solleva il problema, i grillini e il sapiente onorevole Verini del Pd insorgono affermando che si vuole aggredire l’opposizione in quanto tale. Così uno degli scandali più gravi avvenuti in Italia perché c’è stato l’indebito uso di una delle strutture più delicate del sistema giudiziario con migliaia di intromissioni illegali, allo stato non è segnato dagli accertamenti indispensabili per capire cosa è successo. Insomma, bisogna ancora verificare se, a parte il tenente Striano, le intromissioni siano state ispirate o concesse da chi, e come sono state usate a parte il numero limitato di dati passati ai giornalisti del Domani. Di conseguenza, a meno che non ci sia un improvviso salto di qualità, il ministro Crosetto non saprà mai chi ha la responsabilità politica e giudiziaria della pubblicazione del suo conto corrente.
*Presidente ReL, Riformismo e Libertà
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