Casa di Montecarlo, "Gianfranco Fini va condannato"
Tra un mese o poco più il Tribunale di Roma metterà la parola fine alla vicenda che tutti conoscono come «lo scandalo della casa di Montecarlo» e che dura da 14 anni. Il 18 aprile, infatti, è prevista la sentenza del processo per riciclaggio in cui è coinvolto l’ex presidente della Camera, Gianfranco Fini, la compagna Elisabetta Tulliani, il fratello di lei, Giancarlo, e il loro padre Sergio. La notizia, ora, è che la procura ha chiesto otto annidi reclusione per l’ex leader di An, uno in più per la madre delle sue due figlie, dieci per il cognato e cinque per il suocero. Del gruppo fa parte anche Rudolf Baetsen, collaboratore del discusso imprenditore del gioco d’azzardo Francesco Corallo. Tutti accusati di riciclaggio, unica ipotesi di reato rimasta in piedi dopo che nell’udienza del 29 febbraio i giudici della quarta sezione collegiale hanno dichiarata prescritta l’accusa di associazione a delinquere, fattispecie contestata a Corallo, e all’ex deputato del Pdl Amedeo Laboccetta. Caduta anche l’aggravante della transnazionalità. Si tratta di pene comunque pesanti, sollecitate dai sostituti procuratori Barbara Sargenti e Maria Teresa Gerace, titolari del fascicolo sulla compravendita dell’immobile di Boulevard Princesse Charlotte al 14 lasciato in eredità dalla contessa Anna Maria Colleoni ad Alleanza nazionale e poi finito nelle disponibilità del cognato del leader di An.
Uno «scandalo» che, nell’impianto accusatorio della Dda di Roma, ruotava attorno a un fiume di denaro di provenienza illecita. Nel dettaglio, l’immobile di Montecarlo, donato ad An, fu acquistato nel 2008 da Giancarlo Tulliani per poco più di 300mila euro, attraverso società off-shore create ad hoc (Printemps e Timara) con i soldi del “re delle slot” Corallo. Venduto nel 2015 a un manager svizzero, fruttò un milione e 360mila euro, dopo essere stato messo in vendita alla cifra di 1,6 milioni. Ma per l’ex presidente soprattutto uno scandalo politico, che gli costò la carriera e lo allontanò da quel popolo della destra che un tempo aveva guidato con successo, prima di addentrarsi in operazioni parlamentari perdenti come Futuro e Libertà.
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FIDUCIA NELLA GIUSTIZIA Fini ieri era presente in aula, dove si è recato accompagnato dal suo avvocato Michele Sarno (l’altro legale è Francesco Caroleo Grimaldi) e al termine si è lasciato andare a una dichiarazione lapidaria: «Era scontato che la pubblica accusa chiedesse per me la condanna. Continuo ad avere fiducia nella Giustizia e ciò in ragione della mia completa estraneità rispetto a quanto addebitatomi». Tradotto: me l’aspettavo, e ribadisco la mia innocenza. Se lui ha scelto il low profile, dosando le parole e assicurando fiducia nella magistratura, il colpo di scena è arrivato dalla Tulliani. Elisabetta, difesa dall’avvocato Roberto Rampioni, ha rotto un silenzio durato anni sull’affaire monegasco. Anni in cui è sembrata complice dei traffici del fratello, tuttora latitante a Dubai, omertosa sulla reale disponibilità della casa vacanze che invece, pare, avesse contribuito ad arredare occupandosi personalmente di rimodernare la cucina e il design interno, insomma restia a dire chi c’era davvero in quell’appartamento che nelle intenzioni originarie avrebbe dovuto essere usato per «la buona battaglia» del partito.
Elisabetta Tulliani, ieri, ha smesso di tacere. «Sento il dovere di confessare le mie responsabilità», ha esordito con una certa commozione, «ho nascosto a Gianfranco Fini la volontà di mio fratello di comprare la casa Montecarlo. Non ho mai detto a Fini la provenienza del denaro che ero convinta fosse di mio fratello». E ancora: «Il comportamento spregiudicato di mio fratello rappresenta una delle più grandi delusioni della mia vita». Così ha detto ai giudici di Roma. Aggiungendo: «Spero di aver dato un elemento per arrivare alla verità». Perché lo ha fatto? Forse semplicemente per liberarsi di un peso che non riusciva più a sopportare, consumata dai sensi di colpa verso il padre delle sue bambine, che i legali descrivono come «molto provato».
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INGANNO E PERDONO Di sicuro il caso monegasco ha toccato anche le corde più intime della storia di Fini e Tulliani rimasti a vivere sotto lo stesso tetto per amore delle figlie, nonostante la tempesta che si era abbattuta su entrambi, in modo diverso, all’epoca dei fatti. Ora Ely, divisa tra la sua attuale famiglia e i guai giudiziari dei Tullianos scaturiti dalla bella vita del secondogenito, ha scelto di prendere le distanze dal fratello, in passato da lei tanto difeso.
E, del resto, che ci fosse stata una presa di coscienza da parte di Elisabetta lo aveva riferito lo stesso Fini in una precedente udienza del processo. «La vendita dell’appartamento di Montecarlo è stata la vicenda più dolorosa per me. Sono stato ingannato da Giancarlo Tulliani e per certi aspetti dalla sorella Elisabetta», aveva messo a verbale l’ex numero uno di Montecitorio spiegando di avere interrotto i rapporti con il cognato già nel 2010. «Anche il comportamento di Elisabetta mi ha ferito: ho scoperto solo grazie ai pm che era comproprietaria e che il fratello le bonificò parte di quanto ricavato».
Nonostante la sua carriera politica sia naufragata per questo, Gianfranco l’ha perdonata.
La richiesta di 8 anni da parte della procura non è leggera, ma in sostegno dell’imputato eccellente è arrivata l’Avvocatura dello Stato a chiederne l’assoluzione. La parte civile si è, invece, associata alle richieste di condanna dei pm. Una cosa è certa: comunque vada, l’ex alleato del centrodestra non sembra avere alcuna intenzione di rientrare nell’agone. Per ora.
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