Rigopiano, in Appello condannato anche l'ex prefetto di Pescara
Parzialmente riformata la sentenza nel processo di appello per la tragedia di Rigopiano, l'hotel di Farindola in Abruzzo distrutto da una valanga poco più di 7 anni fa, il 18 gennaio 2017 con 29 vittime e 11 sopravvissuti.
Dei 30 imputati ne sono stati assolti 22, mentre sono 8 le condanne. Tre persone in più sono state condannate rispetto al primo grado: tra queste l'ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, condannato per falso ideologico e rifiuto di atti d'ufficio a 1 anno e 8 mesi di reclusione "pur tuttavia non ritenendo ravvisabile il nesso di causalità tra le condotte di rifiuto e falsità ideologica e gli eventi dannosi".
Provolo era stato assolto in primo grado a Pescara: per lui i pm avevano chiesto 12 anni di reclusione. Condannati anche Leonardo Bianco, dirigente della prefettura di Pescara, per falso ideologico a 1 anno e 4 mesi, e il tecnico comunale Enrico Colangeli a 2 anni e 8 mesi per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose plurime. Confermate le 5 condanne in primo grado per il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta a 2 anni e 8 mesi, per i 2 funzionari della Provincia di Pescara responsabili della viabilità e pulizia della strada di collegamento all'albergo, Mauro Di Blasio e Paolo D'incecco, entrambi condannati a 3 anni e 4 mesi. Confermata la condanna di Giuseppe Gatto, tecnico comunale che produsse la relazione su tettoie e verande travolte da slavina, condannato a 6 mesi così come il gestore dell'albergo, deceduto.
Modificata la formula di assoluzione per 'non aver commesso il fatto' per l'ex presidente della Provincia di Pescara, Antonio Di Marco, in primo grado assolto perché 'il fatto non costituisce reato'. In totale la sentenza di secondo grado ha confermato 22 delle assoluzioni già espresse nella sentenza del 23 febbraio dello scorso anno.
Una sentenza che non ripaga i familiari delle vittime. "Il prefetto, al di là della condanna per noi è colpevole", ha detto Gianluca Tanda, presidente del comitato vittime Rigopiano alle prime notizie sul dispositivo. "Purtroppo la Regione, grande assente, continua a mancare, ecco perché parlo di 'mezze verità'. A noi interessava capire tutta la catena non solo la parte finale della catena", ha sottolineato."Sicuramente è positivo che l'impianto della sentenza di primo grado relativo alle condanne per non aver tenuto la strada aperta sono state confermate. Poi prendiamo atto che sono state rilevate delle altre responsabilità da parte della struttura tecnica. Prendiamo anche atto però che 22 assoluzioni sono state confermate perché l'impianto accusatorio non era perfetto", ha evidenziato l'avvocato Romolo Reboa, rappresentante delle famiglie delle vittime.