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Pd ipocrita: il vero bavaglio alle intercettazioni era nel programma Pd

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La Camera ha detto sì all'uso delle intercettazioni

Spartaco Pupo
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«Il divieto assoluto di pubblicazione di tutta la documenta-zione relativa alle intercettazioni fino al termine dell’udienza preliminare serve a tutelare i diritti fondamentali del cittadino e le stesse indagini, spesso compromesse dalla divulgazione indebita di atti processuali».

E ancora: «È necessario individuare nel Pubblico Ministero il responsabile della custodia degli atti, ridurre drasticamente il numero dei centri di ascolto e determinare sanzioni penali e amministrative molto più severe delle attuali, per renderle tali da essere un’efficace deterrenza alla violazione di diritti costituzionalmente tutelati».

Se state pensando di leggere il testo della riforma Nordio vi sbagliate, perché si tratta di citazioni tratte dal programma elettorale del Partito democratico del 2008. Se quelle elezioni le avessero vinte loro, anziché il centrodestra guidato dal compianto Berlusconi, quello che oggi loro stessi chiamano «il bavaglio all’informazione» sarebbe legge da un pezzo.

Ne è passata, è vero, di acqua sotto i ponti del Pd, dal segretario dell’epoca, Veltroni, che sognava Kennedy e una sinistra popolare e riformista, a Schlein, la sua ultima erede, emblema di un massimalismo snob «da Ztl», come l’hanno chiamato, cioè aristocratico e lontano dalla gente comune. Ma è mai possibile che, nel giro di soli tre lustri, i dem abbiano cambiato così radicalmente idea? All’epoca chiedevano leggi severe a tutela dei diritti fondamentali dei cittadini, mentre oggi accusano il governo Meloni di voler limitare il controllo dei cittadini stessi sui processi che sono pubblici e trasparenti.

La fortuna di certa politica, vien da dire, è la memoria corta degli italiani. Nessuno, infatti, ricorda che nell’estate 2007 il centrosinistra aveva addirittura approvato il ddl Mastella sulle intercettazioni, quasi all’unanimità (con 447 sì, sette astenuti e nessun voto contrario). Era l’epoca dello scandalo Unipol e delle telefonate Fassino-D’Alema-Consorte. Poi lo stesso Mastella e il governo Prodi vennero travolti da un’inchiesta della procura di Catanzaro e non se ne fece più nulla. Ma il provvedimento sostenuto in quell’occasione dal Pd, che oggi grida allo scandalo, prevedeva il carcere fino a 30 giorni per i cronisti che avessero pubblicato contenuti vietati e fino a 4 anni in caso di informazioni ricevute in modo illecito.

In quell’occasione, il presidente della Commissione Giustizia della Camera, Pisicchio, dichiarò: «I cittadini da oggi saranno più tutelati». Smemoratezza, ipocrisia o malafede? La coalizione di centrosinistra alle elezioni politiche del 2008 comprendeva l’Italia dei Valori di Di Pietro, l’ex magistrato di Mani Pulite poi diventato leader carismatico del populismo giustizialista. Al confronto Nordio è un pivello della politica. Ebbene, in un suo libro di educazione civica per il biennio delle scuole superiori, del 1996, Di Pietro si domandava: «A quale scopo le conversazioni telefoniche intercettate devono diventare di pubblico dominio, tutte indistintamente? È giusta una legislazione che consente a chiunque di accedere a notizie circa la vita privata del cittadino? Infatti, se la Costituzione prevede, in determinati casi, che sia violata la libertà e la segretezza delle comunicazioni, è anche vero che concede questa facoltà solo a pubblici funzionari per fini di indagine, non certo per mettere in piazza i discorsi privati dei cittadini». Una ripassatina forse non guasterebbe a quegli ex magistrati intransigenti nei riguardi dell’ex collega Nordio, oggi parlamentari nelle file della sinistra e uniti a Di Pietro dalla comune fede giustizialista oltre che dalla folgorazione per il potere e i suoi palazzi. 

L’incoerenza e la doppiezza in politica, si dirà, non sono una novità, ma il punto, al di là delle polemiche pretestuose e a intermittenza, è che porre un argine all’uso scriteriato delle intercettazioni, dopo decenni di anarchia mediatica e giudiziaria, dovrebbe essere un’esigenza di tutte le forze politiche. Tutti, infatti, siamo interessati a una norma che salvaguardi la libertà individuale senza ledere il diritto di cronaca e, soprattutto, senza ostacolare il corso della giustizia. Il governo Meloni riprende una battaglia di legalità e civiltà. Cercare di ostacolarla per mero spirito partigiano, dati anche i trascorsi, è segno di grande immaturità democratica.

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