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La giustizia troppo tardiva ha riabilitato il prof Fantozzi

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Francesco Specchia
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Molti giudici sono incorruttibili, nulla può indurli a fare giustizia», diceva Bertolt Brecht nel descrivere l’implacabilità degli errori giudiziari. Ci piacerebbe entrare nella testa dei due pm di Firenze, Paolo Barlucchi e Luca Torto –gli stessi che inciamparono nel catastrofico accanimento giudiziario nei confronti di Matteo Renzi e famiglia, ridotto a fuffa e assoluzioni- e recitare loro, a mantra, la lezione di Brecht che, tra l’altro, era pure di sinistra ma dubitiamo avrebbe simpatizzato per Magistratura Democratica. E lì, nella mente ingombra di pandette e zelo accusatorio be’ vorremmo capire se i due provino qualche forma di tormento e come potrebbero scusarsi con la famiglia Fantozzi. La famiglia, per capirci, di Augusto Fantozzi, tra i padri del diritto tributario, già rimpianto ministro dell’Economia e delle Finanze nei governi Dini e Prodi, persona assai dabbene. Il professor Fantozzi è morto da indagato ed è stato assolto, oggi, con formula pienissima in riferimento alla maxi inchiesta che i due magistrati attizzarono nel 2017. Ricapitoliamo.

L’inchiesta denominata pomposamente “Chiamata alle armi” riguardava presunti concorsi truccati univesritari; e partiva dalla denuncia di un ricercatore candidato al concorso della cattedra di diritto tributario a farsi da parte per favorire un altro soggetto. Nel corso del procedimento vennero così indagati 59 tra docenti di Diritto tributario e ricercatori in tutta Italia; e ci furono 7 prof arrestati e altri 22 sottoposti a misure interdittive. Tra i quali, appunto, Fantozzi, la ciliegina sulla torta. Fu, quello un evento giudiziar/mediatico che infiammò una certa Italia manettara allora molto in voga. Si pubblicarono centinaia di intercettazioni telefoniche ambientali e formali di molta pruderie e di inutilità inesistente. Il caso implicò migliaia di pagine di verbali; tre procure diverse al lavoro; quasi sette anni d’indagini. E poi l’archiviazione, liquidata in due pagine ferocissime di un giudice per le indagini preliminari attestanti che in quelle migliaia di carte non vi fosse nulla. Nulla. Bene.

Dopo il passaggio dell’inchiesta per competenza territoriale da Firenze, a Pisa e infine a Venezia. Laddove, a scoppio ritardato, i pm hanno dovuto ammettere di aver in mano materia plotiniana. E quelle registrate - lo scrive il Gip di Venezia Luca Marini nell’archiviazione - erano «solo chiacchiere tra persone che lavorano insieme». Repetita iuvant. Una marea di conversazioni intercettate, che sei anni di inchiesta « non sono riuscite a riscontrare. E a nulla è servito neanche un secondo giro di ascolto di testimonianze, sollecitato dalle parti lese e che si sono opposte all’archiviazione. Naturalmente, come da copione, in questi annidi graticola giudiziaria le vite degli indagati sono andate distrutte. In una terribile dilatazione proustiana del tempo d’attesa della sentenza, molte carriere accademiche sono scivolate nel lebbrosario. E lo studio Fantozzi ha subito perdite di clienti, di guadagni e di onore straziato anche a livello familiare. La signora Sandra Fantozzi è morta nel 2019, tre mesi prima del marito. Oggi le figlie dell’ex ministro, Federica –stimata firma politica dell’Unità ora all’Huffington Post- e Raffaella sono uscite da un incubo. Ci dicono: «L’ordinanza di archiviazione disposta dal gip di Venezia per assoluta mancanza di prove chiude, sei lunghissimi anni dopo, una dolorosa vicenda giudiziaria. Non avevamo dubbi su un esito che avrebbe restituito a nostro padre l’onorabilità, la rispettabilità pubblica e l’integrità accademica, che non erano mai venute meno in chilo conosceva davvero. All’università e ai suoi studenti aveva dedicato ben più della carriera, con impegno e passione: accuse così infamanti avevano duramente colpito la sua serenità e la sua salute». Cosa rimane? « Rimane l’amarezza che non abbia potuto vedere questo giorno: il tempo è galantuomo, purché la vita te ne conceda abbastanza». Già, il tempo è galantuomo, e spesso restituisce la dignità perduta. Spesso, non sempre.

RESPONSABILTÁ DELLE TOGHE
Ma servirebbe, qui, ricordare la spudoratezza con la quale alcuni ambienti della magistratura commentano la gravissima patologia dell’elevato numero di errori giudiziari in Italia. Un’arroganza che forse deriva dal fatto che alle toghe non viene imputata responsabilità personale, cosa inesistente in qualunque altra funzione pubblica o privata. La responsabilità del magistrato non è personale ma dello Stato, in virtù di una legge posticcia, -la Vassalli dell’88che ha disinnescato il referendum sul tema. Lo Stato ci rimette circa mezzo milione di euro per ogni errore giudiziario. Nel 2019, ad aule semichiuse causa Covid furono 45 milioni di euro di indennizzi Denaro pubblico. Ma questa resta una storia vecchia. Il professor Fantozzi ha riacquisito il senso dell’onore. Brecht non ha mai perso il senso di giustizia. Riguardo i magistrati –che saranno, sempre, inevitabilmente promossi- non so... 

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