Ciro Grillo, guerra tra l'avvocato e la Bongiorno: "Non riuscirete a intimidirmi"
Come prevedibile si sta trasformando in una guerra legale e mediatica tra gli avvocati di accusa e difesa il processo a Ciro Grillo e ai suoi i tre amici genovesi, Francesco Corsiglia, Vittorio Lauria ed Edoardo Capitta, accusati di aver violentato una studentessa italo-norvegese nella notte fra il 16 e il 17 luglio 2019 a Porto Cervo, nella villa di proprietà del padre di Ciro, Beppe Grillo.
Mercoledì c'è stato l'interrogatorio della ragazza, con domande molto intime e mirate da parte dei legali della difesa: "Come le hanno tolto gli slip?", "Perché non ha dato un morso?" oppure "se fosse lubrificata o meno", tra le altre. Una impostazione che ha provocato la protesta dell'avvocato Dario Romano, co-difensore della accusatrice insieme a Giulia Bongiorno: "Roba da Medioevo". Lo degno ha tratcimato dal tribunale di Tempio Pausania ai social, con tra anche Laura Boldrini, deputata del Pd ed ex presidente della Camera, che ha commentato: "Questo modo di difendere imputati per stupro è sconvolgente e scandaloso. Questa è vittimizzazione secondaria, un'altra forma di violenza che colpisce le donne che denunciano. E non ha nulla a che fare con il diritto di difesa di chi è accusato. Questa è misoginia e deve restare fuori dai tribunali".
Questa mattina è ripresa l'udienza, con l'interrogatorio della teste principale che proseguirà a gennaio. A tenere banco, la contro-replica di Antonella Cuccureddu, avvocato di Corsiglia co-imputato insieme a Grillo Junior, che ha rispedito al mittente le accuse dei colleghi dell'accusa. "Non riuscirete a intimidirmi. Io continuerò a fare il mio lavoro nell'unico modo in cui lo so fare, facendo il mio dovere professionale". "Sono state stigmatizzate anche domande fatte dal tribunale, domande sul fatto", ha precisato Cuccureddu che prima di entrare in aula ha annunciato che farà presente alla Corte "cosa sta succedendo in questo processo, qual è la pressione che stiamo subendo tutti".
Parlando del difensore della ragazza, ha poi aggiunto: "Non ho nessuna ragione di chiarire la questione con il mio collega: tutti e due conosciamo il codice di procedura penale. Ma questa è una pressione sul tribunale. Ho ricevuto centinaia di messaggi da colleghi, magistrati e anche giornalisti di solidarietà e supporto - ha spiegato ancora l'avvocato -. D'altra parte anche tanti da colleghi e magistrati mi dicevano: 'ma avvocato, lei fa domande su come sono stati tolti i pantaloni'. Questo perché voi avete stigmatizzato un elemento del fatto: non si può fare una violenza sessuale se uno ha i pantaloni".