Open Arms, la Lega attacca: "Sul banco degli imputati una linea politica"
Su Opern Arms non processano la condotta di Matteo Salvini, ma la sua linea politica. Fonti della difesa del capo della Lega commentano così quanto accaduto in mattinata nell'aula-bunker del carcere Pagliarelli di Palermo, dov'è ricominciato il processo che vede Salvini, all'epoca dei fatti ministro degli Interni, imputato di sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio. "Ennesima udienza che dimostra che sul banco degli imputati c'è una linea politica e non una condotta - spiegano le fonti -. De Falco infatti ha ricordato che Conte aveva indicato come linea politica del governo che i migranti dovevano sbarcare solo dopo la redistribuzione, dunque era condivisa e legittima l'attesa di qualche giorno".
Il riferimento è alle parole dell'ex senatore del Movimento 5 Stelle Gregorio De Falco, chiamato a deporre in aula. Intanto è stata confermata per la prossima udienza che sarà il 6 ottobre, la deposizione dell'attore Richard Gere, teste della parte civile Open Arms. A difesa di Salvini c'è l'avvocato Giulia Bongiorno.
De Falco, si diceva. L'ex ufficiale di Marina diventato famoso per la concitata telefonata al comandante Schettino nella drammatica notte del naufragio della Costa Concordia all'isola del Giglio si è lasciato andare a riflessioni personali sul dossier immigrazione: "Non abbiamo la voglia di controllare le nostre frontiere di stato e abbiamo affidato questi compiti alla guardia costiera libica, che è composta in gran parte da delinquenti provenienti dalle galere libiche. L'ho sempre pensato, detto e scritto ma questo è nei fatti e si evince dagli accordi tra stato italiano e Libia a cui forniamo motovedette e assistenza". "Vorrei sottolineare - ha proseguito nell'aula bunker di Palermo - che non si doveva fare politica su quelle persone, non sulla carne della gente che sta soffrendo. Quando una nave ha soccorso naufraghi, il comandante ha un obbligo di completare il soccorso e lo Stato costiero ha l'obbligo dell'accoglienza. Questo perché il soccorso marittimo si esaurisce quando le persone vengono portate in un posto sicuro che dalla normativa deve essere il più vicino".
Era per questo motivo che in quei giorni dell'agosto del 2019 l'allora senatore grillino chiese alla ministra della Difesa Elisabetta Trenta (d'area 5 Stelle) "di non firmare l'ulteriore decreto di interdizione alla navigazione in acque italiane per la nave Open Arms per aggirare il provvedimento del Tar del Lazio che aveva già bocciato il primo atto del ministro Salvini. Trenta mi rispose che non l'avrebbe fatto perché c'era già il pronunciamento del Tar". Quindi la parte politicamente più rilevante della sua deposizione di De Falco, oggi in servizio alla Capitaneria di porto di Napoli: "Il ministro Trenta mi confidò anche le difficoltà politiche di questa presa di posizione che avrebbe aumentato il consenso di Salvini. Ciò nonostante, mi assicurò che non avrebbe firmato il secondo decreto. La situazione al governo era molto critica con Salvini, che minacciò di ritirate la delegazione dei ministri leghisti. Mi disse (la Trenta, ndr) che questa posizione di Salvini avrebbe contribuito ad esaltarne la figura e a raccoglierne ulteriori consensi e avrebbe messo in difficoltà il M5s"