Giustizia, lezione romena: scelgono meglio dell'Italia giudici e magistrati
In Romania è stato di recente emanato un regolamento relativo all’organizzazione e allo svolgimento del concorso di promozione dei giudici, che è stato subito impugnato e la controversia è finita dinanzi alla Corte di Giustizia UE. Il 7 settembre è uscita la sentenza (C 216/21) che fissa alcuni rilevanti principi sulla progressione di carriera dei giudici, validi per tutti gli stati membri, Italia compreso. La legge rumena dispone che “la promozione dei giudici e dei pubblici ministeri avviene esclusivamente mediante concorso organizzato a livello nazionale, nel limite dei posti vacanti esistenti presso i tribunali superiori e le corti d’appello o, se del caso, le procure”; ed il concorso di promozione è costituito da prove scritte a carattere teorico e pratico.
Le prove vertono sul diritto rumeno e sulla giurisprudenza della Corte di Cassazione e Costituzionale locali, sul diritto europeo e sulle sentenze della Corte di Giustizia Ue. Si tratta di un concorso, in virtù della vastità del programma, arduo a cui possono partecipare solamente i magistrati che abbiano ottenuto una valutazione del tipo “molto buono” e non abbiano ricevuto sanzioni disciplinari. Per avere un giudizio “molto buono” che consente al magistrato di iscriversi al concorso per la promozione, viene valutata la professionalità del magistrato su tre criteri: 1) la capacità di analisi e di sintesi nonché la coerenza espressiva; 2) la chiarezza e la logica dell’argomentazione, il rispetto della giurisprudenza; 3) il rispetto di termini ragionevoli per la trattazione delle cause e della redazione delle decisioni.
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In virtù della rigidità dei criteri esposti, il regolamento è stato impugnato da un’associazione di giudici sul presupposto che minasse la loro indipendenza e fosse contrario ai principi del diritto europeo. La Corte Ue si è pronunciata affermando sostanzialmente che tale procedura di promozione non è contraria al diritto comunitario purché venga garantita l’indipendenza della commissione di valutazione che, nella vicenda in esame, non sembra essere minata. Questo caso evidenzia come l’ordinamento rumeno che si preoccupa di selezionare in modo rigoroso magistrati da promuovere sia in armonia con i principi europei e nel contempo, aborrendo il criterio dell’automatismo e dell’anzianità nell’avanzamento di carriera, è molto più severo del nostro nei criteri sulla promozione dei giudici. Mentre da noi ancora si dibatte sul cosiddetto fascicolo personale del giudice della riforma Cartabia prima e poi del disegno di legge Nordio, concepito in misura assai meno pregnante e minuziosa di quello rumeno e percepito dalla nostra Associazione Nazionale Magistrati come atto di lesa maestà.
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